7.0
- Band: 16
- Durata: 00:46:04
- Disponibile dal: 07/02/2025
- Etichetta:
- Relapse Records
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Dopo una buona ventina d’anni all’insegna dei frequenti cambi di formazione, la band di Bobby Ferry sembra aver trovato la propria quadra, e torna tra noi con il quarto disco in meno di un decennio, e la medesima lin-up, appunto, a conferma di una sinergia che funziona.
L’avvio dell’album ha un suo fascino quasi epico, che dura però pochi secondi, prima di tirarci dentro alle consuete, apprezzatissime pozze di fango che, da sempre, caratterizzano il loro sound; non ci si aspetta, del resto, escursioni e vezzi progressive da un gruppo come i 16, bensì la rassicurante conferma che la vita non è proprio una passeggiata attraverso campi fioriti – e del resto, in alcuni dei testi qui presenti, il buon Ferry affronta con candore le sue personali difficoltà, ivi compreso lo spettro costante della depressione.
Possiamo comunque rilevare qualche elemento, se non di vera e propria novità, che dona un carattere precipuo a “Guides For The Misguided”. Innanzitutto, il ricorso a brevi passaggi di pianoforte e tastiera – come già accennato per l’intro del primo brano – che oltre a favorire il mood cupo del disco, apre anche a una crescente melodia: in particolare nell’oscura, quasi doom “Blood Atonement Blues”, brano in cui Bobby ricorda quasi Dax Riggs nell’approccio vocale, o nella struggente “Kick Out The Chair”. Poi, in un gioco di contrasti sempre efficace, si passa ad un approccio complessivamente più aspro rispetto agli ultimi dischi (“Proudly Damned”) e qualche accelerazione in più, che può ricordare, in certi brani, gli High On Fire (“Hat On A Bed”). Infine, come da prassi, non mancano bei pezzi ritmati, capaci di entrare facilmente in testa e sicuramente destinati a un bell’headbanging dal vivo: “Fortress Of Hate”, oppure “Desperation Angel”, una delle tracce più catchy mai uscite dagli amplificatori della band.
Come sempre, insomma, i 16 dimostrano che la California è per loro l’incidentale Stato di nascita, e non un’attitudine: quella resta fedelmente focalizzata sullo sludge della bible belt, un genere che, del resto, hanno contribuito a definire quasi trentacinque anni fa, senza alcuna intenzione di mollare il loro ruolo di primatisti.