16 – Into Dust

Pubblicato il 28/11/2022 da
voto
6.5
  • Band: 16
  • Durata: 00:43:50
  • Disponibile dal: 18/11/2022
  • Etichetta:
  • Relapse Records

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Tra le personalità che meritano un posto d’onore nel mondo del marciume musicale, Bobby Ferry è un nome troppo spesso trascurato. Oltre trent’anni di carriera con i suoi –(16)- hanno dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio il suo peso e la fedeltà a una scena fatta anche di sacrifici e pochi risultati, e forse è questa la chiave di lettura per inquadrare “Into Dust” e le novità che introduce nel sound della band californiana.
Intendiamoci, non è un disco di frustrazione e trasfigurazione totale alla ricerca del facile successo commerciale, tuttavia è facile ravvisare, in un certo ammorbidimento complessivo, il desiderio di allargare la propria platea di pubblico. È infatti subito evidente come aumenti la ricerca di melodia già percepita chiaramente nel precedente “Dream Squasher”, in un disco che punta sul groove come mai in passato, con una produzione più diretta, riff più immediati e persino cenni southern sull’onda dei Corrosion Of Conformity (“Ash In The Hour Glass”). Non mancano tracce che confermano, pur con questa patina di maggior pulizia e attitudine catchy, la consueta pesantezza (“Scrape The Rocks”, o l’adrenalinica e acida “Dirt In Your Mouth”), ma, in generale, ci troviamo nelle orecchie un disco decisamente peculiare e diverso. All’ombra lunga degli Helmet, già riscontrabile nelle uscite più recenti, si aggiunge una esplicita componente metalcore a nostro parere non sempre riuscita, come evidente in brani come “Null And Eternal Void” o “The Floor Wins”, che non convincono appieno con il loro approccio troppo ibrido; bridge e ritornelli accattivanti sono sempre graditi, beninteso, ma vince la sensazione di un sound che non appartiene appieno al DNA della band. Per dirla facile, le strizzate d’occhio ai Pantera più fangosi degli ultimi dischi avevano piena dignità nell’economia dei 16 (e tutto sommato le si apprezza ancora in brani amfetaminici e più quadrati come “Lane Splitter”), mentre gli inserti à la Shadows Fall lasciano il tempo che trovano. Per non parlare poi delle parentesi da fumoso locale jazz del brano finale, per fortuna brevi.
Abbiamo insomma di fronte un disco che, con espressione abusata, possiamo definire interlocutorio. Sicuramente non un pieno passo falso, ma la manifestazione di una materia che deve essere plasmata meglio per integrarsi nella consolidata storia della band.

TRACKLIST

  1. Misfortune Teller
  2. Dead Eyes
  3. Ash In The Hourglass
  4. The Deep
  5. Scrape The Rocks
  6. Null And Eternal Void
  7. The Floor Wins
  8. Lane Splitter
  9. Never Paid Back
  10. Dirt In Your Mouth
  11. Dressed Up To Get Messed Up
  12. Born On A Barstool
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