7.0
- Band: 200 STAB WOUNDS
- Durata: 00:27:08
- Disponibile dal: 12/11/2021
- Etichetta:
- Maggot Stomp
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Riff come coltellate. Magari non duecento, come suggerisce il nome della band, ma probabilmente comunque sufficienti per lasciare il segno nel malcapitato ascoltatore di turno.
I 200 Stab Wounds esordiscono con questo “Slave to the Scalpel” dopo un EP datato 2020 ben accolto dal pubblico underground, cementando il loro status di piccola rivelazione con una tracklist che riprende e amplia il discorso avviato lo scorso anno. Il disco contempla nove tracce dall’elevato tasso di adrenalina sanguigna, dove la verve del gruppo palesa un chiaro background hardcore, il quale traspare anche dal taglio di certi riff e dal piglio cavernicolo dei rallentamenti e dei breakdown con cui sono conditi quasi tutti i pezzi presenti. Senza dubbio si può parlare del quartetto di Cleveland come di una death metal band, visto che la base della proposta è pur sempre costruita su un impianto brutale memore delle dinamiche di certi Dying Fetus, tuttavia nel mantra psicotico architettato dai ragazzi si rintraccia appunto una vasta gamma di spezie, con un occhio di riguardo per il mondo hardcore più pesante e quadrato. I 200 Stab Wounds amano impilare riff dopo riff e non sembrano preoccuparsi più di tanto della loro natura: l’importante è che l’impatto sia forte e immediato, poi, in questo marasma, il fatto che qualcosa suoni più vicina agli Hatebreed o agli All Out War che al death metal pare alquanto irrilevante. Ci troviamo così al cospetto di una tracklist nella quale si viene continuamente scaraventati da bordate a gran velocità ad aperture mosh e conseguenti ripartenze a rotta di collo, con poco o zero spazio per qualsiasi tipo di atmosfera che non sia legato a fervore e voglia di colpire duro. Oggettivamente, alcuni episodi dell’album non sembrano altro che una serie di riff accatastati uno sopra l’altro, senza una logica che porti all’elaborazione di un brano dallo sviluppo coerente, ma bisogna ammettere che, complice anche la breve durata, l’album si lascia ascoltare volentieri e strappa più di un sorriso per la sua squisita ignoranza abbinata a una discreta dose di ingegno nelle parti chitarristiche.
A differenza di tante altre produzioni del catalogo Maggot Stomp, le canzoni di “Slave to the Scalpel” non difettano mai di una luce di fondo e di un guizzo divertente che motivi l’ascoltatore ad andare avanti: proprio per questo, salutiamo con favore l’arrivo dei 200 Stab Wounds, con l’augurio di poterli vedere presto dal vivo, visto che per musica del genere la dimensione concertistica è a dir poco fondamentale.