8.0
- Band: 40 WATT SUN
- Durata: 00:45:12
- Disponibile dal: 06/09/2024
- Etichetta:
- Cappio Records
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Ci sono musicisti la cui bravura nel toccare certe corde emotive dell’animo umano rappresenta una specie di dono naturale. Si pensi a Mark Kozelek coi suoi Red House Painters o Alan Sparhawk con i Low, maestri di un genere – lo slowcore – che fa del minimalismo e della solennità di un certo cantautorato l’anima della loro musica senza grossi orpelli stilistici.
Patrick Walker, che ha abbandonato le pesantezze doom dei mai troppo compianti Warning, fa parte di questa schiera di artisti che riescono a parlare ai nostri sentimenti più nascosti ed intimi, con una sensibilità che può risultare a tratti opprimente. Viene da chiedersi se è proprio questo il motivo per cui dischi come il fragile “Perfect Light” di due anni fa rimangano per buona parte oggetti di culto, amati a dismisura da chi riesce ad apprezzarli ma ben lontano dalla consacrazione artistica che meriterebbero.
Con questo nuovo “Little Weight”, Patrick si sposta dalle atmosfere acustiche e intime del precedente lavoro riabbracciando in parte il feeling elettrico che caratterizzava “Wider Than The Sky” ma attraverso strutture più snelle, sempre ripetitive ma mai statiche.
Laddove l’unico difetto di quel disco era una monoliticità estenuante, amplificata dalla lunga durata dei brani, “Little Weight” fa tesoro dell’esperienza degli ultimi due anni e ci regala otto brani meravigliosi, dinamici e dalla grande personalità. Grazie anche alla produzione perfetta per mano di Chris Fullard (Sunn O))); IDLES; Ulver), capace di donare luce e smussare la componente più aggressiva senza alleggerirla, e un minutaggio relativamente ridotto per i propri standard, “Little Weight” è un album che scorre dall’inizio alla fine senza intoppi.
Molto più che solamente “I R.E.M. con la lentezza degli Earth” (come vennero bollati da alcuni detrattori dopo “Wider Than The Sky”, vista la somiglianza del timbro vocale di Walker che ricorda parecchio quello di Michael Stipe), brani come “The Undivided Truth”, l’unica a superare i dieci minuti di durata, sono affreschi elettrici di una malinconia quasi rassicurante, che si sviluppa su dinamiche quasi post rock-nel segno di una lenta ma costante narrativa musicale. “Pour Your Love” e “Astoria” illuminano la lentezza estenuante del doom con una tiepida luce rock abbellita da delicati soli di chitarra e linee vocali di una sensibilità commovente.
“Half a World Away”, dal canto suo, è una ballata che stempera l’aggressività di un ritornello parecchio drammatico con un’anima acustica, in quello che è uno dei brani più belli del disco insieme all’altrettanto delicata “Feathers”, con i suoi strati di chitarre che creano un suono denso ma allo stesso tempo dotato di ampio respiro e un finale che va a lambire i territori emo degli American Football. “Closer to Life” è invece la canzone che più di tutte si avvicina all’indie classico, grazie a cambi armonici più frequenti e una struttura più classicamente rock.
Laddove “Perfect Light” ha rappresentato un passo in avanti a livello stilistico, grazie anche ad una maggiore inclinazione nell’amplificare il loro lato più acustico, “Little Weight” potrebbe diventare potenzialmente l’album della definitiva consacrazione, grazie ad una scrittura di più ampio respiro, in grado di evidenziare ancora maggiormente la componente emotiva.
Quella dei 40 Watt Sun è una musica timida, che necessita pazienza e che scalda senza bruciare, capace di trasportare chi la sa apprezzare in un luogo di apparente conforto, ma nel quale non si è mai completamente felici. Come un sole che si spegne lentamente, appunto.