7.0
- Band: A.M.E.N.
- Durata: 00:37:19
- Disponibile dal: 16/06/2023
- Etichetta:
- I Voidhanger Records
Spotify:
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Basta anche una conoscenza superficiale in ambito esoterico per capire come l’ombra lunga di Aleister Crowley informi il nuovo progetto di Vittorio Sabelli, un nome ormai noto ai nostri lettori, che qui mette in campo il suo ennesimo, folle e geniale progetto privo di confini e restrizioni musicali.
Potremmo definire “The Book Of Lies – Liber I” una raccolta di frammenti, proprio come nel caso di certe pubblicazioni dell’esoterista inglese, in cui Sabelli riesce a stravolgere nuovamente le aspettative rispetto ad altri suoi esiti musicali: se pensiamo Dawn Of A Dark Age o Notturno, si sente sempre la sua forte impronta e la centralità così atipica, eppure efficace, del clarinetto, ma la declinazione offre appunto un nuovo senso di freschezza. Niente afflati folk, se non in certi curiosi momenti quasi “da sagra”, black metal sì, ma sepolto sotto strati di tempi dispari e sperimentazione avantgarde, per un disco che ricorda molto più il John Zorn di Naked City o Painkiller che non il consueto alveo dell’estremo (di alta qualità) in salsa tricolore. Come facilmente immaginabile, non si tratta di un ascolto “facile” o immediato, né tantomeno, al di là del minutaggio ridotto dei singoli brani, da ascoltare un tanto al chilo, saltando tra le tracce; il percorso e la narrazione si sentono, come inevitabile quando ci si trova al cospetto di un compositore che meriterebbe la c maiuscola per formazione ed esperienza. Tuttavia, al pari della perizia tecnica e della complessità di certi passaggi, colpisce la capacità di offrire momenti di grande immediatezza, basati su cassa dritta e riff devastanti, altri euforici e, ci si passi il termine, esilaranti – il passaggio dalla crudeltà quasi grind alla sensazione di ascoltare un seguito de “L’Apprendista Stregone” è spesso presente e vincente – a conferma della classe di Vittorio, e dei suoi ospiti sul fronte vocale, ossia Matteo Vitelli ed Erba del Diavolo.
Inutile citare un brano o un altro, sarebbe come estrapolare un singolo movimento in una sinfonia, o sottolineare scioccamente un singolo momento nella colonna sonora di un film d’autore: gli A.M.E.N. offrono con questo disco un’esperienza percettiva e rituale profonda – come detto, dalla fruibilità non esattamente elementare – ma che può fare la gioia dei più curiosi.