7.5
- Band: A PERFECT CIRCLE
- Durata: 57:07
- Disponibile dal: 20/04/2018
- Etichetta:
- BMG
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Abbiamo – dopo un po’ di tempo – i video al Jimmy Kimmel, i singoloni quasi tutti usciti, la bolgia dei commenti di Facebook, accesi sulla promozione o la demolizione del quarto album degli A Perfect Circle. Avevamo anche già avuto modo, nella disamina del track-by-track in anteprima, di dire la nostra sul primo impatto dei pezzi singoli di “Eat The Elephant”. Abbiamo un bel po’ di materiale con cui concludere un parere che speriamo possa essere esaustivo, dunque, e quasi sicuramente le cose sono rimaste le stesse di quanto già affermato. “Eat The Elephant” è un buon album, che presenta una formazione di modern rock alle prese coi tempi che corrono e che sfodera come può un’attitudine che cerca di tenerli al passo con un presente che non è più – forse purtroppo, se ci si lascia prendere da una certa e sincera nostalgia – quello di “Mer De Noms”. Un presente di bulimica consumazione immediata di musica e di conseguenti immediati pareri, spesso fatti con l’accetta. Un presente in cui risulta difficile masticare un album fino all’osso, comprenderne le modalità di produzione e di composizione, oltre che le sfaccettature possibili. Che si possa implicare a Maynard di non essere più il buffone rivoluzionario che è sempre stato ci può stare, che si sia puntato tutto sui suoni e su brani più affabili e meno passionali e poetici sembra quasi una necessità, più che una pecca effettiva. Sul fronte live (attendendoli nella prossima sortita italiana al Rock The Castle) si è avuto modo di vedere online una forma che rimane pur sempre di una band di assoluta qualità, sia di progetto che di prestazione. I detrattori dell’album ci sono e ci saranno e non gli si può biasimare quello che – però – si può avere come preconcetto anche prima di arrivare fino alla stravagante “Get The Lead Out”, che chiude propriamente un disco senza grandi picchi emotivi e neanche senza grandi e specifiche perle. Avere, però, dalla propria una qualità comunque sempre alta, sia di composizione che di impatto, rimane prerogativa ancora di pochissime band e ancora una volta Maynard non resta esente dalla registrazione di materiale futile, scadente o tantomeno inutile. Cantori del presente, gli A Perfect Circle non sbagliano e si integrano con la loro qualità di musicisti impeccabili come riescono in un periodo di produzione e ascolto musicale usa-e-getta, e lo fanno con brani come “Hourglass”, “The Contrarian”, “By And Down The River” e le più efficaci “The Doomed” e “Talk Talk”, più che nelle pusciferiane “So Long, And Thanks For All The Fish”. A chi ha tempo e voglia di guardare bene, tra un post, un tweet e un’instagrammata nostalgica c’è veramente da domandare se una manciata di canzoni come queste non siano qualcosa che valga la pena di sentire in un contesto come quello della Trump-era, Spotify e la pachidermica e-democracy, capace non solo di mangiare elefanti ma di digerirli in troppo poco tempo.