8.0
- Band: À RÉPIT
- Durata: 00:53:34
- Disponibile dal: 19/02/2021
- Etichetta:
- Naturmacht Productions
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La solida essenza maligna del black metal si è assottigliata nel tempo, tramutandosi in un’esile cortina di ferro. Ora è il perimetro di un territorio che si è allargato a dismisura, evolvendosi in termini di sonorità ed inventiva. La violenza che ribolle nel sottosuolo si è ramificata in diverse direzioni, dalla devozione per il demonio al paganesimo, dal nichilismo al culto per la natura.
Sono proprio le montagne, ed il mistero che le avvolge, la fonte di ispirazione che spinge i nostrani A’ Répit (il rito dei bambini nati morti) a superare la tagliente cortina ed entrare nella fredda regione del black per incidere la propria runa. Un progetto che germoglia quasi nove anni fa nella mente di Gypaetus, fondatore dei Nefarium, al quale si affianca, qualche anno più tardi, Skarn, one-man band dei Paymon e voce negli Entirety. Il duo, dopo aver rilasciato il primo album “Magna Leggenda” (2017), ritorna sulla scena con il nuovo lavoro edito dalla Naturmacht Productions nel quale, in uno degli undici brani, compare come ospite Nequam, voce dei The Magik Way.
“I Canti della Veglia” è un concept album che, come un focolare sotto un cielo stellato, illumina i fantasmi del passato ed accende i ricordi di antiche leggende popolate da demoni e streghe. Nel disco convivono diverse creature sonore abilmente addomesticate dai Nostri: esse sanno mostrarsi con disincanto e scomparire in un attimo senza mai rubarsi la scena. In un’atmosfera invernale, un arcaico canto alpino è il rifugio dal quale gli avi tornano a parlare attraverso la musica. É ”Bezoar” la prima vera traccia: un black classico piuttosto melodico che ricorda le sonorità degli Inquisition (USA), le chitarre zanzarose solcano una ritmica vivace ornata da innesti corali che torneranno protagonisti nel proseguo dell’album. Durante l’ascolto de “I Canti della Veglia” ci si imbatte in intervalli strumentali che emanano fragranze rituali: il profumo mistico della magia è inebriante. Le campane ipnotiche di “Amnios” richiamano il vento del Tibet, mentre la delicatezza arpeggiante di “Old Oak” risveglia la pace di un bosco incontaminato. L’incantesimo si intreccia a sonorità che rasentano un raw black in stile Akitsa (Canada), le tinte fredde ed intense sfumano nelle venature rock di “Masnada”. Guidati da una delirante “Processione”, è difficile annoiarsi mentre si attraversano i dirupi profondi di un disco in grado di proporre un’ampia varietà di vibrazioni e melodie che sorprendono l’ascoltatore al sopraggiungere de “Il Passo delle Cenge”. Il brano si adagia su una coltre morbida di poesia cantata in perfetto stile CSI: una nevicata silenziosa che ammutolisce il ghigno dei diavoli.
Il barlume di quiete viene soffocato da una progressiva intensità ritmica che, come un lupo all’inseguimento di una preda, oltrepassa cavernosi percorsi mantenendo viva la concentrazione. Gli A’ Répit sgretolano i sentieri ghiacciati di un finale che potrebbe farli scivolare nell’oblio dell’insofferenza. Il duo rimane radicato ad un terreno impervio sul quale sembra essere perfettamente a proprio agio. Il lotto dei brani conclusivi, infatti, mantiene vive le pulsioni di un cuore metal che propaga, nella sua anima grezza, il sangue vellutato di un’armonia molto orecchiabile.
Gypaetus (chitarre, basso) e Skarn (voce, batteria, chitarre, synth) sviluppano ammirevoli cascate soniche dalle quali precipitano riff primitivi e ritmiche scorrevoli che restano impresse nella memoria. Il vero punto di forza di questo disco resta l’assortimento rilevante di molteplici sonorità che, come stelle, impreziosiscono il cielo scuro della notte.
Levate i vostri scarponi, seguite la flebile luce ed accomodatevi dinanzi al camino di questo accogliente rifugio. “I Canti della Veglia” scioglieranno i gelidi artigli delle tenebre in una tiepida carezza di luce in grado di incantare gli scalatori più audaci.