8.0
- Band: À RÉPIT
- Durata: 00:58:07
- Disponibile dal: 24/11/2022
- Etichetta:
- Naturmacht Productions
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Prosegue il viaggio arcaico del duo blackster À Répit lungo i sentieri delle nostre Alpi, dove il tempo scorre più lentamente e ancora si contemplano piccoli dettagli, dove germogliano le migliori ispirazioni. Tra salite tortuose e discese impervie, è la visione più nascosta dell’autunno a guidare i Nostri verso nuove composizioni che non si discostano troppo dal passato. Il nuovo album, infatti, è un mix equilibrato tra rabbia e poesia, tra giorno e notte, tra fantasmi e realtà. “Spirito d’autunno”, questo il titolo del terzo full-length edito da Naturmacht Productions, ci accompagna in un’escursione sonora piuttosto varia, le cui radici restano ben piantate a ciò che rappresenta il black metal, ovvero natura e paganesimo avvolti da un elegante velo di mistero.
Dopo un intro strumentale, sono le chitarre zanzarose di “Nuvole e brume” a scuotere le fronde degli alberi che abbandonano le proprie foglie: la ritmica incalzante e maligna si contrappone a malinconiche atmosfere fatte di canti popolari e morbide sonorità. Il raw black di “Sis d’a lunna” si tinge di heavy e luccica di luce propria grazie ad innesti corali e l’inserimento di tastiere. Tastiere e sintetizzatori che si ripresenteranno durante l’ascolto degli undici brani, regalando quel tiepido senso di magia riconducibile al dungeon synth: “Salita d’inverno” ne è la prova.
Nonostante il duo piemontese sia molto bravo nel comporre brani ritmicamente mutevoli, non mancano episodi di puro black metal infuriato, fatto di accordi sporchi e veloci, blast-beat serrati e ruvide voci che squarciano il buio. Ci riferiamo a “Terra Mayre”, forse il pezzo più violento del lotto, ma anche alla scrosciante “Il battito della terra” e a “Das verlorene Tal”, nel quale rimbomba il black scandinavo più primitivo sospinto da un vento di epicità. Un vento placato dalle prime luci del mattino che dipingono i contorni delle montagne attraverso sguardi armoniosi. L’alba illumina villaggi isolati, ancora legati ad antiche tradizioni di una vita rurale e silenziosa, le stesse tradizioni che hanno portato gli À Répit a comporre brani come “Antica Luce” o a reinterpretare, piuttosto fedelmente, “Evermore” (cover di “Eweroun” dei tedeschi Falkenbach), dove è l’aspetto melodico a lasciare le orme più nitide lungo il sentiero segnato dallo “Spirito d’autunno”. I Nostri dimostrano ancora una volta di saper rappresentare magistralmente la loro personale visione di un genere troppo spesso arenato su territori battuti che stenta a distinguersi, ma la brillante chiave sonora della band apre qualsiasi porta chiusa dalle ombre della monotonia. La cadenzata marcia di “Alpen” sembra voler accompagnare l’ultima fatica di questa escursione: gli arrangiamenti di chitarra ricordano i Darkthrone più recenti, che nel finale si tramutano in illusione, sovrastati da una narrazione dialettale riconducibile ad un romantico incantesimo. La melodia della “Malinconia” segna il traguardo immaginario di un viaggio che in realtà non finisce con una meta vera e propria. La musica può essere un loop infinito come lo sono le stagioni, come quella foglia d’autunno che lentamente precipita per poi germogliare ancora e ancora sulle fronde degli alberi che delimitano il meraviglioso sentiero degli À Répit.