7.0
- Band: A TEAR BEYOND
- Durata: 00:37:00
- Disponibile dal: 07/05/2012
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Arrivano da Vicenza i bravi A Tear Beyond, un gruppo di talentuosi musicisti che evoca nomi come Samael, Cradle Of Filth, Nevermore, My Dying Bride ed i grandi Devil Doll. I Nostri gettano tutte le loro influenze in un calderone dal quale estraggono una pozione a base di gothic metal, influenze extreme e sonorità moderne, elettronicamente fresche senza mai arrivare a pulsioni verso la pista da ballo di qualche goth-club popolato da sedicenni sedicenti seduttori succhia-sangue. La band italiana riesce, in questa autoproduzione, a creare in modo estremamente semplice la giusta atmosfera atta a tenerci incollati a questo bel “Beyond”, con parti strumentali mai eccessive e con tutti gli ingredienti dosati con estrema attenzione. Bellissima l’intro “Becoming”, che apre la strada per il vero e proprio brano d’apertura del CD, una splendida “Lullaby For My Grave”, che prende forma con pattern di batteria dinamici e fantasiosi, un vampirico clavicembalo e parti vocali che passano da un basso profondo ed intenso ad un controcanto femminile di impostazione lirica, contrastato ancora da un acidissimo screaming black metal. L’orientaleggiante “By Tears And Sand” ci porta lontani, ma sempre legati a doppio filo ad un immaginario gotico e poeticamente orrorifico. Complimenti obbligati (ma fatti con piacere) al cantante Claude Arcano il quale, con un controllo davvero notevole della propria voce, riesce a coinvolgerci con tonalità pulite che ricordano il Warrel Dane più baritonale ed enfatico e colpirci alla giugulare con le sue aggressioni black. Citiamo ancora “Necromancer”, brano arrangiato in modo davvero perfetto e dove il sopra citato singer trova una linea vocale sicuramente azzeccata, con chitarre mutuate dai Cradle Of Filth più moderni. Il lato maggiormente “electro” della band, risponde all’appello nel momento in cui le note di “The Hunt” giungono ai nostri padiglioni auricolari, i quali riconoscono chiare influenze di un industrial marziale e diretto. Vetrina di tutte le peculiarità della band è la bella “Embraced In Hell”, brano che ci culla con una voce calda e sensuale, un pianoforte delicato e romantico, per poi ricordarci in modo sfacciato e violento la bellissima “Jupiter Vibe” dei maestri Samael (il bellissimo disco “Passage”, verrà citato più di una volta in questo brillante esordio dei vicentini). La Palma d’Oro per il brano maggiormente orecchiabile di questo bel lavoro va indubbiamente a “Rain On The Oblivion”, episodio che riecheggerà insistentemente nelle nostre menti, anche diverso tempo dopo che avremo spento il nostro lettore. I difetti ovviamente ci sono, e sono ascrivibili ad alcune ingenuità assolutamente perdonabili e forse ad una produzione che predilige la voce e le orchestrazioni, mettendo in secondo piano la batteria e le sei-corde (totalmente assenti assoli di chitarra, che avrebbero rappresentato sinceramente un arma un più per il combo di Vicenza). Aggiungendo che la band unisce la propria proposta musicale ad una visione artistica a trecentosessanta gradi che coinvolge anche teatro ed arti visive e visionarie, non possiamo che complimentarci per la professionalità che gli A Tear Beyond ci servono elegantemente su un piatto d’argento, senza nascondere eventuali lacune dietro l’alibi dell’autoproduzione.