AATHMA – Dust From A Dark Sun

Pubblicato il 27/06/2023 da
voto
8.0
  • Band: AATHMA
  • Durata: 00:39:07
  • Disponibile dal: 30/06/2023
  • Etichetta:
  • Ardua Music

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Un gruppo splendidamente normale, gli spagnoli Aathma. Normale perché non cerca di suonare nulla di speciale, normale perché non esprime chissà quali concetti, normale nel non andare a rivestire di chissà quale impalcatura filosofico-concettuale la sua musica.
‘Semplicemente’, gli Aathma sono una band che miscela stoner, sludge e doom metal e lo fa standosene ben lontana dalle inflessioni più estreme di tutti questi generi, che si infiltrano l’un nell’altro nel trio spagnolo per avere come risultato, infine, qualcosa di rotondo, orecchiabile, lavorato con cura ma senza prevedere lunghi processi di comprensione. Per raggiungere questo traguardo apparentemente ‘facile’, gli Aathma hanno lavorato sodo. In giro dal 2007, formati agli inizi da membri di altre realtà spagnole del settore doom e affini (Glow, Autumnal, Adrift), hanno alle spalle prima di questo “Dust From A Dark Sun” tre album e un EP, attraverso i quali il loro suono è andato a mutare poco per volta, anche in ragione degli avvicendamenti succedutesi nella line-up (superstite del primo periodo il solo cantante/chitarrista Juan). Inizialmente propensi a trame più spesse, lunghe e tormentate, gli Aathma hanno reso il proprio stile via via più diretto, scorrevole e orecchiabile, pur mantenendo una forte identità metal
Se già con il terzo disco “Avesta”, vecchio ormai di sei anni, si sentiva a tratti la volontà di essere stringati e dritti al punto, è con quest’ultimo “Dust From A Dark Sun” che la mutazione appare completata, consegnandoci un piacevole generatore di hit stoner/sludge metal, come ne potrebbero concepire dei Baroness più quadrati e virati allo stoner. Oppure dei Torche un poco più grezzi e meno scintillanti nelle linee chitarristiche, o ancora dei Soundgarden intrippati con il classic doom. Tre suggerimenti, questi, per inquadrare un album trasversale e compatto, che vuole essere accessibile e comunicativo in pochi istanti e tuttavia non si accontenta di darci semplicemente in pasto qualche refrain ben calibrato e melodie cantabili.
Il terzetto pare aver capito benissimo come il doom, musica incantatrice e ipnotica per eccellenza, possa essere ammansito quanto basta per coccolare l’ascoltatore, evocare scenari fantasiosi, che sanno sia di polvere desertica che di spazio (ed il titolo dell’album in questo è assai azzeccato), e insieme far nascere un piccolo ma persistente senso di smarrimento in chi incrocia il materiale degli Aathma.
Il chitarrismo di Juan stimola a immaginare panorami sconfinati, trasuda sentimento, volge uno sguardo trasognato all’immensità della natura, dando equo spazio a riff caracollanti e massicci e divagazioni fumose, introducendo regolarmente scampoli acustici di rilassamento. La sua voce, calda, da affabulatore, cantastorie di mondi perduti, farebbe pure pensare al rock americano declinato al racconto della provincia, della campagna; d’altronde, la musica degli Aathma sa di spazi aperti e ama estendersi senza restrizioni, superando le spigolosità del passato e diluendo completamente connotazioni buie e rabbiose. “Dust From A Dark Sun”, come detto in apertura, non offre grossi effetti speciali. Convince ed avvince con la semplice forza di ottime canzoni. A cominciare dal singolo “Burned Garden”, sabbathiano, oleoso e dal dolce retrogusto lisergico; la dura opener “Cosmos”, tutta giocata sul contrasto tra il roccioso riff portante e la vocalità pulita di Juan. In altri episodi serpeggiano con fare sornione e colorato i sintetizzatori, intrisi di quello spirito da ‘viaggi mentali’ che la psichedelia sa diffondere: è il caso di “Impendig Fate”, una marcia possente e dai toni solenni, attraversata da armonie leggiadre che bilanciano la forza stordente della sezione ritmica.
I volumi alti e roboanti ricordano il retaggio più estremo da cui il trio madrileno proviene, ma ora è tutto più aperto, proiettato all’infinito: ancora in tema di contrasti, esplode furibonda l’alternanza di assalti serrati e chorus dilatati di “A Black Star”, mentre sa di un addio definitivo la struggente potenza di “The End Of My World”, con il suo ritornello liricamente intenso a inframmezzarsi a riff orgogliosamente pachidermici. Una bella sorpresa “Dust From A Dark Sun”, album costellato di tante piccole belle invenzioni e appagante dalla prima all’ultima nota. Bravi Aathma.

 

TRACKLIST

  1. Cosmos
  2. Impending Fate
  3. Burned Garden
  4. Blood Hands
  5. A Black Star
  6. Embrace the Ocean
  7. The End of My World
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