7.0
- Band: ABHOMINE
- Durata: 00:17:00
- Disponibile dal: 29/04/2022
- Etichetta:
- Osmose Productions
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Cala il sipario sul progetto Abhomine, che con questo ultimo “Demonize Destroy Delete” chiudono il trittico al vetriolo realizzato negli ultimi sei anni insieme ai due lavori precedenti. La formazione rimane invariata rispetto a “Proselyte Parasite Plague”, con Helmkamp al basso, alla chitarra e alla voce e Grant alla batteria: in passato, non avevamo apprezzato la scelta di un batterista così limitato nelle dinamiche dinamitarde del primo disco che lo vedeva protagonista, ma sembra che oggi qualcosa sia cambiato, a partire da una maggiore coesione che lega il riffing ed il suonato della batteria. Rispetto all’impeto thrash delle vecchie canzoni, le chitarre oggi si concentrano su di un paludoso tappeto dissonante, infido nelle sue evoluzioni melodiche e capace di adattarsi con più dimestichezza ai ritmi ripetitivi di Grant, che riesce così a valorizzare la sua abilità su beat cadenzati e ben inquadrabili. La follia regna sovrana in “Liquidation Cyber Cipher”, dove i due sembrano gareggiare in una forsennata gara al massacro, prima di focalizzarsi sul groove graffiante di “Foul The Wound” o le accelerazioni death-thrash vecchio stile di “Subjection”, insite nel DNA di Helmkamp in modo indelebile, fino ai rigurgiti grindcore di “Predation Axiom” e l’ultimo bruciante assalto di “Slave Syndicate”, tutto sembra realizzato col solo ed ultimo fine di descrivere lo schifo della vita con musica altrettanto nauseabonda. Definire pessima la produzione di questo disco sarebbe un complimento, visto che niente sembra tornare a livello di volumi, di mixing e di dinamiche, ma rimane l’indissolubile fascino di un breve dischetto che suona esattamente come una demo del 1988, attrazione esule dal gusto ma indubbiamente molto difficile da ricreare ai giorni nostri. La musica contenuta in “Demonize Destroy Delete” non è bella, così come non lo sono obiettivamente molte delle scelte artistiche intraprese dal gruppo, ma quello che prevale è un’atmosfera insalubre, perversa, proveniente dai primordi stessi del metal estremo e forgiata anche per mano di questi stessi musicisti oltre tre decadi fa, che permette di superare i dettagli, o meglio ancora finalizzarli ad una visione dell’insieme che trova nel suo spregevole disegno di antimusicalità il suo maggiore punto di forza. “Demonize Destroy Delete” chiude la storia degli Abhomine ricollegandosi esattamente là dove un giovane Pete Helmkamp muoveva i suoi primi passi negli Order From Chaos, secondo una ciclicità impossibile da considerare casuale, se si considera soprattutto le dottrine filosofiche seguite dall’americano. Il valore di questo breve full-length trascende la qualità intrinseca della musica che contiene e trova il suo posto in un disegno più ampio che pare abbia lasciato ben poco al caso.