7.0
- Band: ABHOR , ABYSMAL GRIEF
- Durata: 00:26:53
- Disponibile dal: 02/08/2019
- Etichetta:
- Iron Bonehead Prod.
Spotify:
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È uno split che trasuda malignità e lo zolfo dell’Inferno, quello proposto da queste due band, un convegno di eccellenze oscure che sembrano nate per incontrarsi in questo disco. Il lato A vede gli Abhor, tra gli assoluti capifila della scena occult-black metal italiana, offrire due brani blasfemi guidati da tastiere orrorifiche e chitarre dissonanti; nel caso di “Legione Occulta”, oltre alla fangosa e raccapricciante voce di Ulfhedhnir troviamo i campionamenti vocali di un vero esorcismo, chiaramente non andato a buon fine, come testimoniato dal reiterato “Satana! Satana! Satana!” sul finale. “Possession Obsession” sembra così quasi il naturale proseguimento tematico del precedente brano; è un midtempo dissonante che dona veri brividi sul finale, ove la progressiva potenza delle tastiere evoca atmosfere ctonie. “Ministerium Diaboli”, la traccia degli Abysmal Grief, è una perfetta sintesi del loro sound: l’ennesima, blasfema rivisitazione delle più spaventose colonne sonore horror, in equilibrio tra minimalismo ed espressività barocca. La linea vocale è costituita dai sussurri di una voce forse infantile, forse femminile, sicuramente demoniaca e vocalizzi corali affidati al synth semplicemente da brividi; la spina dorsale musicale è composta nella prima parte da un organo dilatato oltre misura, che si ammanta poi di una cupezza quasi lancinante, mentre le tastiere tornano su tonalità più ampie, spezzate dalle sferzate della chitarra e dai piatti della batteria. Piccoli strappi che sembrano grida straziate nel dolore, mentre cresce un’invocazione esoterica, a questo punto affidata a una voce maschile e profonda: il Diavolo è tra noi, il rito è andato a buon fine, e sul finale un crescendo sabbathiano (in entrambe le accezioni del termine) chiude alla perfezione, orgiasticamente, il rito complessivo. Ci ripetiamo spesso sul tema, ma è indubbio come determinate sonorità e idee vengano messe in musica in maniera così compiuta quasi solo dalle band nostrane; poco importa qualche passaggio apparentemente sgraziato o ingenuo, le più sontuose iperproduzioni dal resto del mondo si possono solo avvicinare al senso di terrore celebrato tra questi solchi. Da ascoltare rigorosamente a luci spente.