7.0
- Band: ABHOR
- Durata: 00:46:08
- Disponibile dal: 23/09/2022
- Etichetta:
- Iron Bonehead Prod.
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I padovani Abhor, una delle firme storiche del panorama black metal italiano, continuano ad andare controcorrente e sfornano questo ennesimo, demoniaco episodio della loro saga, l’ottavo su lunga distanza, per la precisione. La band padovana non cerca di rinnovare il genere con l’introduzione di nuovi elementi e nemmeno cerca più di ancorarsi a quel ‘true’ black metal di stampo norvegese oggi come oggi ancora molto in voga tra le band adoratrici della fiamma nera. Qui il discorso è diverso e, per certi versi, più complesso. La ricerca degli Abhor, non nuova ma iniziata all’incirca una decina di anni fa, sembra proiettata ad un mondo in cui il satanismo prendeva piede in Italia sia all’interno del suo tessuto sociale con le prime manifestazioni e sia ovviamente in ambito musicale. Se l’intento era ricreare e cercare di dar vita a quel mondo, allora gli Abhor ci sono riusciti, mentre non è detto che questa scelta musicale possa essere in grado di soddisfare la fetta di amanti del black metal veloce e di stampo nordico.
Sul nuovo “Sex Sex Sex (Ceremonia Daemonis Antichristi) troviamo un po’ un concentrato di quella che è stata e continua ad essere la tradizione musicale satanista italiana (ma ci sono anche delle influenze straniere, da quelle greche come Necromantia, a quelle brasiliane come i Mystifier, qui presenti grazie ad una cover): dai Death SS, ai Mortuary Drape, Necromass ed altri ancora. L’atmosfera che la title-track riesce a creare è quella dei raduni clandestini dei satanisti negli Anni ‘80, di gente appartenente al degrado sociale (i brani degli Abhor qui sono troppo sporchi e grezzi per rappresentare il satanismo edulcorato professato dall’aristocrazia) che si rifugiava in squallidi scantinati per eseguire i loro riti proibiti. Questa è la ‘magia’ di brani quali “Ode To The Snake” ed “Evil Mentor”. I brani sono lenti o al massimo cadenzati, raramente in linea con i canoni del black metal moderno; sono pieni di atmosfere negative create ad arte (anche grazie ad una tastiera in versione organo) e hanno la forza di rievocare tutto il background satanista nostrano di una trentina di anni fa. Non mancano, inoltre, atmosfere da brividi ed horrorifiche dall’impronta cinematografica. I pezzi qui presenti non sono sempre irresistibili, ma questo album è una ricostruzione interessante di quelle che sono state alcune delle origini del satanismo italiano. Forse più grezzo rispetto al passato, questo nuovo lavoro sembra tuttavia più a fuoco rispetto alle ultime due release della band. Passano gli anni, ma gli Abhor sono ancora qui.