7.5
- Band: ABHORRATION
- Durata: 00:36:49
- Disponibile dal: 27/09/2024
- Etichetta:
- Invictus Productions
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Con il loro atteso album di debutto “Demonolatry”, gli Abhorration portano avanti il percorso intrapreso con l’apprezzato EP “After Winter Comes War” (2021), confermando il loro talento e una direzione stilistica ben definita.
Questa formazione norvegese, attiva solo da pochi anni, è in realtà composta da alcuni veterani della scena estrema locale, con membri provenienti da gruppi thrash e death di valore come Condor, Nekromantheon e Obliteration. Questa sorta di eredità si riflette chiaramente nel sound della band, che sin dall’inizio è andata dritta per la propria strada, allineandosi su un recupero e una rielaborazione di certo crudo death metal old school, con evidenti influenze dei primi Morbid Angel.
Sin dalle prime note, “Demonolatry” conferma una forte devozione alla tradizione death metal, ma non per questo rinuncia completamente a una propria identità. Se da una parte le succitate chiare influenze dei primi Morbid Angel sono onnipresenti, a partire dalle ritmiche spigolose di azagthothiana memoria, gli Abhorration riescono a mantenere una discreta freschezza nel loro approccio. Il loro cosiddetto marchio di fabbrica sta soprattutto nella capacità di costruire episodi articolati, che non si limitano a riproporre certi classici schemi per affidarsi invece a una struttura più variegata e intraprendente. I brani risultano infatti caratterizzati da continui cambi di tempo e sezioni contorte che, pur mantenendo quasi sempre un’attitudine aggressiva e marziale, lasciano spazio a momenti di improvvisa complessità e imprevedibilità.
Le tracce, con una durata media di sei minuti, richiedono quindi attenzione e ascolti ripetuti per essere pienamente apprezzate. I densi sviluppi ritmici e l’alto numero di riff per canzone suggeriscono come il gruppo si sia impegnato a fondo in una sorta di ricerca strutturale, giungendo a risultati che, per feeling, possono anche arrivare a ricordare i clamorosi Necrovation di “Breed Deadness Blood”, nonostante quest’ultimo resti chiaramente un’opera insuperata in termini di estro creativo in ambito revival vecchia scuola.
Da segnalare, inoltre, come certi influssi thrash – retaggio dei vecchi Condor e dei Nekromantheon – riescano ad emergere in alcune sezioni, aggiungendo un piccolo tocco di dinamicità che arricchisce ulteriormente il sound complessivo del quartetto, portandolo a risultare più completo, pur nel suo restare perennemente sotto una torva cappa di malignità.
La qualità del songwriting è insomma uno dei punti di forza di “Demonolatry”: la tracklist è particolarmente uniforme, ma ogni pezzo si manifesta come una progressione naturale, ben costruita e pensata, che evita la ripetitività e sa sorprendere l’ascoltatore.
A conferma della solidità del progetto, la band ha già dimostrato di saper reggere il palco e di acquistare una marcia in più nel contesto live in occasione dell’ultimo Kill-Town Death Fest di Copenhagen: un’esperienza che ha appunto evidenziato l’impatto della proposta dal vivo e che ha portato ulteriori riflettori sul gruppo.
In definitiva, siamo al cospetto di un debutto più che convincente, tradizionale ma al tempo stesso abbastanza ricercato. Un album che promette di crescere ulteriormente con il tempo e che lascia intravedere un futuro promettente per i norvegesi.