6.5
- Band: ABIOTIC
- Durata: 00:50:33
- Disponibile dal: 12/02/2021
- Etichetta:
- The Artisan Era
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Protagonisti di un avvio di carriera a dir poco folgorante e concitato, fra dischi licenziati dal colosso Metal Blade e tour a supporto di pesi massimi come Suffocation e Cattle Decapitation, gli Abiotic si riaffacciano sul mercato dopo sei anni di silenzio (comprensivi di uno scioglimento) con quella che è indubbiamente la loro opera più strutturata e ambiziosa. Un concept album imbevuto di atmosfere e suggestioni orientali – come facilmente intuibile dal titolo e della copertina – che vede il techno-death del gruppo di Miami abbracciare uno spettro di soluzioni ben più ampio rispetto a quello impiegato dai precedenti “Symbiosis” e “Casuistry”, per quanto il fine ultimo della loro proposta, ancora oggi, non si discosti troppo dal perseguire la strada della pulizia formale a tutti i costi. Nei cinquanta minuti di “Ikigai”, infatti, i Nostri confermano innanzitutto la loro preparazione strumentale e il loro amore verso quelle sonorità fredde ma palpitanti, frenetiche ma intelligibili, dei colleghi The Faceless e Fallujah, baluardi di una lunga serie di band intente a mescolare la cattiveria e l’agilità di certo death metal con la morbidezza e la leggiadria del prog, espandendole in un secondo momento con strati di synth e inedite melodie dal sapore ‘etnico’.
Il risultato di questi sforzi, racchiuso da una produzione che fortunatamente evita di suonare oltremodo laccata e digitale, è alterno: quando la tracklist rinuncia ai cosiddetti effetti speciali, esaltando i suddetti input e svelando una spiccata tensione drammatica, l’ascolto decolla e il quintetto mette in mostra una buona dose di sensibilità (basti sentire l’intro “Natsukashii”, la titletrack o “If I Do Die”), ma nei momenti in cui le chitarre si lanciano per scale funamboliche e le ritmiche si irrobustiscono arrivando a lambire territori djent/death-core – purtroppo – tocca segnalare come la proposta finisca per appiattirsi in un ‘more of the same’ tanto ben confezionato quanto povero di emozioni o di veri guizzi creativi, del tutto indistinguibile dall’offerta di mille altri colleghi.
In definitiva, non si può dire che gli Abiotic abbiano gettato al vento le carte del loro comeback, facendo anzi qualche passo in avanti dal punto di vista dell’intraprendenza, ma è forte l’impressione che un ulteriore approfondimento di certe arie atmosferiche avrebbe giovato non poco allo spessore del disco. Staremo a vedere se con la prossima release i Nostri getteranno definitivamente il cuore oltre l’ostacolo.
