7.5
- Band: ABORYM
- Durata: 01:20:00
- Disponibile dal: 28/05/2013
- Etichetta:
- Agonia Records
- Distributore: Masterpiece
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Sugli Aborym di Fabban si potrebbe scrivere all’infinito e per una fetta della comunità black metal italiana parlare (o sparlare) di questa band è stato uno dei passatempi preferiti, ma a Metalitalia.com interessa sottolineare soltanto, per chi ancora non li conoscesse, che gli Aborym sono una delle poche band italiane in ambito estremo ad aver sempre goduto di una più che buona risonanza a livello internazionale – status, questo, meritato o immeritato che sia. Con “Dirty” gli Aborym, che presentano la stessa line up del precedente “Psychogrotesque”, sono arrivati al sesto full length album e dopo le continue sperimentazioni stavolta sembra che sia arrivato il tempo per una riflessione. Una scelta forse non voluta, ma che si rivela saggia perché nei brani di “Dirty” è possibile immaginare di ripercorrere la carriera della band, di ricostruirne l’evoluzione stilistica: qui gli Aborym – non sappiamo se la band sarà d’accordo con questa nostra affermazione – per una volta sembrano volgere lo sguardo maggiormente al proprio passato piuttosto che al futuro. Qui di sperimentazione in sostanza non c’è traccia, anzi lo stile si avvicina parecchio a quanto fatto dalla band nei primi album, anche se in modo più ragionato e omogeneo. “Dirty” non è un nuovo “Kali Yuga Bizarre”, ben inteso, ma alcuni brani ne conservano le atmosfere, ad iniziare dall’opener “Irreversible Crisis”. Alcuni sprazzi EBM, ma soprattutto l’utilizzo delle parti industrial, che da sempre fanno parte del DNA della band, qui si sposano a meraviglia con l’elemento black metal. Mentre nell’ultimo “Psychogrotesque” le sperimentazioni creavano spesso una lotta intestina tra gli elementi extreme metal e quelli sperimentali per la conquista dell’animo della release, qui i due elementi si combinano in modo sempre armonioso. Non ce ne vogliano i fan, ma “Dirty” al primo ascolto sembra un fin troppo scontato album di symphonic black metal dall’anima industrial, perché i classici suoni a tappeto delle tastiere sono più che ben rappresentati; in tal senso l’inizio del brano “Raped By Daddy” è esaustivo. In alcuni momenti sembra di sentire i primi The Kovenant che girano sulle velocità degli …And Oceans dei primi album (basti ascoltare “Helter Skelter Youth” per rendersene conto) anche se il brano citato è comunque uno dei più sperimentali dell’intera release. Con il passare dei minuti però lo stile, e anche una certa classe, degli Aborym inizia a farsi sentire. Si fa sentire anche se i brani mostrano di avere una nervatura piuttosto semplice e lineare, forse ancor più che in passato; il songwriting è piuttosto minimale, qualche soluzione inedita è data solo da alcuni stacchi ruvidi in cui dalle parti violente si arriva in un istante a passaggi tranquilli con la voce pulita, come su “The Factory Of Death”. Il nuovo album è bello sinfonico, ma è quel ‘quid’ che gli Aborym hanno sempre posseduto che fa la differenza tra una produzione di symphonic black metal qualsiasi e questo loro prodotto. L’elemento industrial è quello riuscito decisamente meglio, perché inserito sempre nel momento più opportuno; ci si poteva aspettare qualcosa di più, invece, dal riffing delle chitarre che qui complessivamente risulta mediocre e nulla più. La release, forse per la sua semplicità di fondo, è facilmente assimilabile e di sicuro impatto sui vostri ricettori sensoriali. Forse chi si aspettava o desiderava un’altra svolta verso chissà quale lido sonoro resterà un po’ deluso ma, vista la qualità complessiva, anche questo album si inserisce perfettamente nella media dei lavori rilasciati in passato dagli Aborym. Il secondo CD contiene le cover di diverse altre band, tra cui gli Iron Maiden, ed alcune rivisitazioni di vecchi brani storici della stessa band: alcuni esperimenti però sono tutt’altro che riusciti. Il senso del ritmo, grazie anche al supporto dell’elettronica, agli Aborym non è mai mancato e a quest’album non manca nemmeno una buona dose di violenza, addolcita talvolta da qualche melodia. Chi ascolta o vuole suonare black metal al passo con i tempi, contaminato magari da una dose di EBM rafforzata da componenti industrial, deve necessariamente relazionarsi con uno dei gruppi di punta del panorama internazionale in questo campo… gli Aborym, appunto.