9.0
- Band: ABSU
- Durata: 00:43:01
- Disponibile dal: 01/03/1995
- Etichetta:
- Osmose Productions
- Distributore: Audioglobe
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Correva l’anno 1995. Il black metal, o epic metal quando non si trattavano tematiche prettamente nere, era affare europeo. La Scandinavia dominava in quanto a pubblicazioni e qualità di queste ultime, ma in genere ogni buona nazione si difendeva con qualche band di spessore. Oltreoceano, invece, queste sonorità non riuscivano a trovare sbocchi di qualità. A metà anni ’90 però, gli Absu, texani di Dallas, sfornarono un lavoro che li rese noti ai più grazie anche all’egida della Osmose Productions, etichetta dalle pubblicazioni imprescindibili per gli amanti del metal estremo. Il gruppo è la creazione di Sir Proscriptor McGovern, talento musicale dal cervello fino, ottimo strumentista e batterista dallo stile inconfondibile (è stato ad un passo dall’entrare negli Slayer in sostituzione di Lombardo) e in possesso di una voce dai tratti demoniaci, molto teatrale. Costui, in gioventù, preferiva ritirarsi sotto un albero a leggere libri sulla mitologia sumera e celtica piuttosto che socializzare nei campi di basket di periferia e questa sua passione determinò quindi il primo vagito degli Absu, l’Abisso. Il gruppo esordì nel 1993 con l’album “Barathrum: V.I.T.R.I.O.L.”, un concentrato di oscurità e brutalità niente male, ma, una volta rivoluzionata la formazione, divenne un power-trio con Equitant e Shaftiel a dividersi suoni di basso e chitarra. Siamo dunque, come dicevamo, nel 1995: l’affiatamento è perfetto, il suono si affina sgrezzandosi e così nasce il ‘mithological occult metal’ di “The Sun Of Tiphareth”, uno degli album migliori del tempo. Con una copertina bellissima ad opera di Kris Verwimp, il disco è un tributo alla mitologia sumera ed è un concentrato di epicità di qualità eccelsa che poggia su una base thrash metal molto rapida. Basteranno gli undici minuti dell’opener “Apzu”, un vero e proprio viaggio musicale dai toni diversi a seconda dei momenti, a farvi calare nei meandri dell’Abisso musicale dei texani, abilissimi nello scrivere canzoni dinamiche, mai ferme o stantie per troppi secondi. Inoltre, le capacità strumentali di Proscriptor permettono un lavoro di batteria assolutamente senza eguali all’epoca nel sottogenere, perlomeno in quanto a inventiva ed esecuzione. È epica anche la seguente “Feis Mor Tir Na N’og”, altra composizione lunga e articolata, mutevole a più riprese non solo nelle ritmiche ma anche nelle atmosfere, nei passaggi vocali e nei fraseggi di chitarra. Gli Absu passano da grezzi up-tempo thrash a stacchi ampi e ariosi, con anche un leggero sintetizzatore ad arrangiare in favore dell’atmosfera. La solidità e la rudezza delle ritmiche della band sono massicciamente rappresentate nella strumentale “Cyntefyn’s Fountain”, dove Proscriptor sciorina tutta la sua maestria dietro le pelli. Dopo altri due brani, il veloce “A Quest Into The 77th Novel” e lo strumentale acustico seguente, si arriva al clou di “The Sun Of Tipareth”. “The Coming Of The War”, originariamente scritta dai Morbid Scream ma qui ri-arrangiata, è un inno alla violenza, alla guerra. Rappresentata anche con il rumore di spade che sono sguainate e poi mulinate in aria con cavalli al galoppo, la traccia succitata contiene una parte centrale che è epicità allo stato puro, atta a dividere l’avvio e il finale del brano che sono invece sfuriate thrash che questa volta non concedono nulla al dinamismo. Il brano fa venire i brividi ogni qualvolta lo si ascolti. Chiude il lavoro la title-track, altra esecuzione lunga ma, a differenza delle altre, scevra di atmosfera, essendo più incentrata sul dinamismo e sulla capacità degli Absu di suonare in maniera dura. Epicità, una sezione ritmica sempre mutevole e coinvolgente, uscita da schemi precostituiti, affiatamento interno e un leader carismatico: questi sono gli Absu di metà anni ‘90. Diventarono una band di culto, continuarono a sfornare ottimi album (almeno fino a “Tara”, capolavoro sulla mitologia celtica uscito ad inizio anni 2000), per poi prendersi una pausa salvo poi tornare con altre due pubblicazioni, valide ma meno ispirate. “The Sun Of Tiphareth” li immortala al loro apice. Gli amanti della scena estrema degli anni ’90 devono conoscere questo disco.