8.0
- Band: ABYSMAL GRIEF
- Durata: 00:45:11
- Disponibile dal: 13/01/18
- Etichetta:
- Terror From Hell Records
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A tre anni dall’ottimo “Strange Rites Of Evil” i liguri ci regalano un altro capitolo di ‘horror metal’ (ricordiamo che in questo lasso di tempo sono usciti uno split con gli Epitaph e una compilation celebrativa dei primi vent’anni di attività in formato box limitato, sold-out da tempo). Lo stile dei Nostri – per chi ancora non si fosse approcciato alla loro proposta – è infatti definibile come heavy/doom dalle forti influenze dark, riscontrabili sia nello stile vocale che nel largo utilizzo dell’organo. L’immaginario di riferimento dei quattro è da sempre legato al culto dei morti, ad una fascinazione per gli aspetti più occulti della ritualità cattolica e ai film horror degli anni ’60 e ’70. Tutti questi elementi rendono gli Abysmal Grief i degni (e al momento soli) eredi di formazioni che hanno segnato la storia della musica oscura, quali Death SS, Paul Chain & Violet Theatre e Cultus Sanguine, giusto per rimanere in Italia. L’intro riprende e rispetta tutti i crismi del genere: un organo funereo, il crepitare di una fiamma, suoni notturni e inquietanti, un breve testo recitato da una voce femminile. E’ così che entriamo nell’atmosfera mefitica di “Blasphema Secta”, un lavoro che dà subito il meglio di sé con la lunga “Behold The Corpse Revived”: gli elementi cari ai cerimonieri genovesi ci sono tutti, e l’ispirazione sembra essere ad alti livelli. Con “Maleficence” i ritmi si fanno decisamente trascinanti e spiritati – caratteristica che rende i Nostri estremamente godibili e mai monolitici (leggi: pallosi). Un altro punto di forza del disco è l’aver forse persino accentuato l’aspetto primordiale del sound, con un riffing che si rifà agli anni ’70 e a certa NWOBHM, lontano dalla complessità e la pulizia di artisti che pure a livello di atmosfere hanno più che qualcosa in comune (Mercyful Fate e King Diamond). L’aspetto (ulteriormente) positivo è che la sensazione di già sentito riesce ad essere scongiurata, cosa non facile per un gruppo in giro da tanti anni e che non dimostra di non avere l’evoluzione del proprio suono tra gli obiettivi principali. Questo discorso è reso particolarmente vero da “Witchlord”, il brano che ci porta nella seconda metà dell’album: torna l’algida voce femminile mentre il cantato di Labes C. Necrothytus si fa particolarmente cupo e distorto. Anche l’uso delle tastiere è diverso, tanto che nel complesso è possibile parlare di accenni di un certo black metal sinfonico anni ’90, dettagli che si integrano perfettamente con la proposta dei Nostri. Un lungo interludio ci conduce alle battute finali di questo lavoro, che si conclude con un (altro) brano che viaggia su velocità abbastanza sostenute, “Ruthless Profaners”, salvo poi sfociare in dolci e arcane melodie che sembrano ricongiungersi con l’intro (qualcuno ha presente la sigla de “Il Segno Del Comando”, storico sceneggiato RAI dalle tinte gotiche?). Gli Abysmal Grief godono a pieno diritto dello status di cult band, qui è possibile capire perché.