7.0
- Band: ABYSMAL TORMENT
- Durata: 00:59:56
- Disponibile dal: 29/04/2014
- Etichetta:
- Willowtip Records
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È passato diverso tempo dalla pubblicazione di “Omnicide”, secondo album degli Abysmal Torment, ma non si può dire che la band se ne sia stata del tutto con le mani in mano, visto che nel frattempo ha rimediato un contratto con l’etichette di culto Willowtip e ha prodotto addirittura un’ora di nuova musica, suddivisa in tredici canzoni. I death metaller maltesi puntano tanto sulla quantità, ma bisogna riconoscere che anche la qualità si assesti su buoni livelli; se già il precedente lavoro aveva messo in luce delle indubbie doti a livello di songwriting e di efficacia, il nuovo “Cultivate The Apostate” ribadisce il concetto, offrendoci diverse tracce che rientrano di diritto fra il miglior repertorio della formazione. Continuando a proporre un death metal moderno e dinamico, i ragazzi scomodano di nuovo paragoni con Dying Fetus, Despised Icon e Benighted (ma alla lista oggi potremmo anche aggiungere i nostri The Modern Age Slavery), ma evitano di risultare la solita brutta copia grazie appunto ad una dimestichezza notevole con la materia trattata: la band appare spigliata, esperta e, traccia dopo traccia, sufficientemente ispirata per mantenere viva l’attenzione dell’ascoltatore. Non siamo alla fiera del breakdown gratuito come in certi ambienti death-core, ma nemmeno davanti ad un gruppo di virtuosi che mette la tecnica davanti ad ogni cosa: gli Abysmal Torment trovano spesso il giusto compromesso, abbracciando la più ampia gamma possibile di ritmiche e riffing e sviluppando brani che finiscono per offrire sempre sia impatto e velocità vecchia scuola (Suffocation docet), sia partiture appunto più groovy e al passo coi tempi. Ogni singolo pezzo mette in mostra almeno uno spunto davvero azzeccato, mentre il disco nel suo insieme, pur piacevole, ha forse il difetto di essere sin troppo lungo. Come accennato, si sta parlando infatti di un’ora di musica particolarmente estrema e frenetica: davanti ad un tale sound senza respiro, è normale che certe tracce finiscano per confondersi le une con le altre, generando a volte il classico senso di déjà vu. Con un quarto d’ora in meno o, in generale, maggior capacità di sintesi, la botta di “Cultivate…” sarebbe stata ancora più distruttiva. In ogni caso, questo è un gran bel ritorno.