7.0
- Band: ACACIA
- Durata: 00:46:19
- Disponibile dal: 06/11/2019
- Etichetta:
- Underground Symphony
- Distributore: Audioglobe
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A ben ventitre anni dal disco d’esordio, i siciliani Acacia tornano con un full-length che, come già il titolo palesa, vuole essere il primo passo verso un nuovo percorso musicale. Il chitarrista e fondatore Martino Lo Cascio ha infatti riorganizzato la band, coinvolgendo anche l’ottimo vocalist Gandolfo Ferro degli Heimdall, e con una rinnovata line-up ha composto e registrato questo sorprendente “Resurrection”. Sorprendente perché, quasi a sorpresa, gli Acacia non solo dimostrano una maturità stilistica come se fossero reduci da molte pubblicazioni, ma specialmente colpiscono per le qualità compositive ed esecutive che caratterizzano ogni frangente dell’album.
Come nell’album d’esordio, la creatura di Lo Cascio propone un power metal dalle tinte prog, ma in questo “Resurrection” ciò che subito colpisce è la cura in ogni arrangiamento, realizzando un disco elegante, che prova ad allontanarsi da alcuni stereotipi che affliggono il genere. Lontani dalla foga del power-prog funambolico di molti connazionali, le influenze qui evidenti sono i Queensrÿche e i Fates Warning, ma anche un gusto melodico che molto ha a che fare con certo AOR di alta qualità: sfoggi di tecnica o virtuosismi sono esclusi dal discorso degli Acacia, poiché i siciliani preferiscono confezionare una serie di brani godibili e coinvolgenti dal punto di vista della ‘struttura’ e nella continua ricerca di melodie originali e accattivanti. La performance dei singoli musicisti è di altissimo livello, ma asservita al buon risultato finale, in brani sempre cangianti che della costante alternanza tra momenti potenti e altri più rilassati fa una cifra stilistica – rischiosa, perché tutt’altro che originale, ma qui quasi sempre ben calibrata e orchestrata. “Light In Shadows” e “Chains Of Memory” sorprendono l’ascoltatore con un riffing incisivo e al contempo malinconico, realizzando ritornelli energici e memorabili; “Alone” è una ballad che cresce su un tappeto complesso ma comunque ‘easy listening’; “My Dark Ride” e “The Age Of Glory” sono un esempio di prog metal che non ha paura di osare nell’intrecciare con personalità arpeggi delicati con riff potenti, fasi ritmiche ricercate a melodie orecchiabili.
“Resurrection” è dunque un album che scorre bene, realizzato da musicisti consapevoli e maturi, in grado di non creare praticamente mai battute d’arresto (anche se i migliori momenti sono riservati alla prima metà del lotto). Certo in un genere tanto ampio il rischio di proporre qualcosa di derivativo è dietro l’angolo, e infatti gli Acacia non sono esenti da alcune incursioni troppo ampie nell’orizzonte di ascolti e influenze succitate. Questo però non rende stucchevole il loro momento di resurrezione, che non si può non accogliere con piacere, nell’attesa di un nuovo passo – verso il quale c’è sicuramente ottimismo.