7.0
- Band: ACCUSER
- Durata: 00:49:30
- Disponibile dal: 13/11/2020
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Che macchina da guerra gli Accuser! Col passare degli anni anche le band più prolifiche tirano il fiato, fanno passare qualche anno tra una pubblicazione e l’altra, prendendosi il tempo necessario per elaborare nuove idee, calibrare il tiro e concepire nuova musica. Gli Accuser, al contrario, mantengono i ritmi rutilanti di un ensemble ai primi anni di carriera, quando si ha fretta di comunicare quello che si ha in testa e passa poco tra un album e l’altro. Con questa pubblicazione eponima la formazione tedesca cerca allora di bissare i buoni contenuti del solidissimo predecessore “The Mastery”, assestandosi questa volta su un canovaccio meno brillante e più di mestiere, nel quale ci sono comunque motivi di interesse, almeno nel perimetro di chi già li seguiva in passato e gradisce le moderate commistioni di scuole thrash ’80 e ’90. Spostati idealmente verso l’America rispetto alla larga fetta dei loro connazionali dediti a sonorità similari, i Nostri si ripresentano con un lotto di canzoni abbastanza prevedibile per strutture, approccio e tipologia di suono, nel quale vi è comunque una gradita divisione di ruoli, tra le canzoni più dritte e squadrate e quelle che, senza strafare, provano ad andare al di là di un thrash tutto sudore, botte e rabbia.
Sul primo fronte, la qualità è discreta e un po’ altalenante: a confronto della squassante compattezza di “The Mastery”, si colgono qua e là grinze e rigidità che stemperano gli entusiasmi, per quanto la carica della band riesca a compensare alcune ovvietà compositive. Ad ogni modo, tracce come “Phantom Graves”, “Contamination”, “Seven Lives” si fanno ascoltare volentieri e mettono in mostra musicisti ancora in forma, desiderosi di darci dentro con la loro musica preferita, magari ricorrendo a soluzioni fin troppo sfruttate, che si perdonano in virtù di un’esecuzione assatanata e grintosa al punto giusto, un senso del groove spiccato e incroci d’assoli ben calibrati. Pensiamo però che siano maggiormente gradite quelle canzoni dove i registri si ampliano e, confidando in tempi più dilatati, melodie in evidenza e un comparto vocale non per forza aggressivo, si vanno a interpretare sonorità vagamente oscure e dal taglio torbidamente epico. In questo caso, pur senza miracoli né colpi di genio, apprezziamo volentieri sia lo sforzo che il risultato finale, che si concretizzano in pezzi abbastanza articolati e dalle atmosfere ambivalenti quali “Temple Of All”, “Be None The Wiser”, “Psychocision”. Probabilmente era troppo chiedere a questi veterani un altro punto esclamativo come quello di due anni orsono, tutto sommato pure “Accuser” si difende egregiamente e tiene alta la bandiera del thrash teutonico, filtrato da un gusto per riff e produzione affine alla ‘American way’ del genere.