5.5
- Band: ACT OF DEFIANCE
- Durata: 00:48:58
- Disponibile dal: 29/09/2017
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Gli Act Of Defiance, come si ricorderà, sono stati fondati dalla coppia formata da Chris Broderick e Shawn Drover, dopo che questi avevano lasciato i Megadeth. La line-up era stata completata con il cantante Henry Derek e con il bassista Matt Bachand e così il gruppo aveva avuto modo di debuttare un paio di anni fa con l’album “Birth And The Burial”. Un lavoro, questo, che ci aveva convinti solo in parte, in quanto, a nostro avviso, gli episodi migliori erano quelli in cui la band rimaneva più vicina al thrash, lasciandoci, viceversa, maggiormente perplessi quando se ne discostava. Ebbene, con questo “Old Scars, New Wounds”, gli Act Of Defiance sembrano fare esattamente il contrario: il loro stile vira infatti in maniera molto più decisa rispetto al primo album verso un metal americano che strizza l’occhio soprattutto al metalcore e all’alternative; sporadicamente, inoltre, si avverte qualche piccola influenza proveniente dal melodic death svedese, a quanto pare introdotta soprattutto dal cantante (ad esempio, in tal senso, citiamo “Overexposure”). Il problema è che, per quanto ne dica la band, l’originalità latita parecchio e pur risultando il sound abbastanza fresco e moderno, il tutto suona come prevedibile, scontato ma anche alquanto asettico, privo di personalità. Qualche variante si tenta ad esempio con gli arpeggiati di “The Talisman”, ma nel complesso c’è davvero molto poco che riesca a destare l’attenzione dell’ascoltatore, al punto che diventa alquanto faticoso e per quanto ci riguarda persino probante ascoltare il disco tutto d’un fiato e arrivare fino alla fine della tracklist. Piuttosto, l’album si salva per gli splendidi assoli di Broderick e il drumming possente e preciso di Drover, mentre, al contrario, manteniamo le nostre riserve sul cantante, già espresse in occasione della nostra recensione al primo album. Insomma, se eravamo stati indulgenti in occasione di “Birth And The Burial”, considerando che si trattava comunque di un’opera prima, non siamo per nulla convinti che la strada ora imboccata dalla band sia quella giusta.