7.5
- Band: AD OMEGA
- Durata: 00:43:00
- Disponibile dal: 10/02/2023
- Etichetta:
- Drakkar Productions
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Quinto lavoro in cinque anni per gli Ad Omega, progetto black metal evidentemente assai prolifico e sempre più sicuro dei propri mezzi. “Aphelic Ascent” – secondo full-length del duo, in uscita in questi giorni per la storica Drakkar Productions – si rivela del tutto in linea con quell’attitudine tanto sferzante quanto concettuale che sinora ha ispirato la produzione del progetto. La visione di ricerca all’interno del mondo black metal degli Ad Omega conduce qui a otto nuove tracce in cui viene messo in atto un interessante crossover tra le contemporanee correnti dissonanti del genere e frequenze distorte che rimandano a certe derive elettroniche e post-industriali originariamente azzardate da alcuni esponenti della cosiddetta vecchia guardia ormai una ventina di anni fa. L’effetto che si determina è quello di trasformare il suono in qualcosa di trascendentale e materico, facendogli assumere una colorazione oscura ed impenetrabile nel suo codice di reiterazione ossessiva. Dopo una serie di lavori in cui era tutto sommato più facile distinguere le ispirazioni e i modelli dietro a ogni singolo passaggio, oggi gli Ad Omega hanno acquisito una maggiore padronanza dei propri mezzi, raggiungendo un più concreto equilibrio tra gusto e misura nell’utilizzo di un equipaggiamento digitale mai invasivo abbinato a una scrittura solida e diretta. Il segno di questa maturità è rinvenibile nello sforzo di non rendere appariscente o forzata la fusione fra i suddetti due mondi e il grande lavoro applicato ai suoni e ai pattern ritmici, cosa che restituisce all’ascolto una sensazione complessiva di sottrazione e scorrevolezza, più che di incontrollata e caotica ipertrofia produttiva. Il principale pregio di “Aphetic Ascent” risiede nel fatto che, nonostante non ci sia alcuna vera invenzione alla base del songwriting, nei brani sia comunque riconoscibile una sorta di marchio Ad Omega: del resto, alcuni degli elementi del mix architettato dal gruppo non sono poi così noti o abusati di questi tempi e il dialogo fra dissonanza e armonia, analogico e digitale, finisce per trasmettere vibrazioni genuine. Quello del progetto di origine laziale si dimostra insomma un suono creato con criterio, un’esperienza artistica avvolgente, le cui nebbie disorientanti, i beat nervosi e il cantato gelido sanno fondere ed evocare sia vecchie glorie come Thorns o Limbonic Art (di “The Ultimate Death Worship”), sia capisaldi contemporanei come Svartidauði e Deathspell Omega, per una miscela appunto piuttosto personale, nella quale la tensione verso la freddezza e il parossismo non eclissa mai completamente uno spontaneo spirito decadente.