7.0
- Band: AEIR
- Durata: 00:45:33
- Disponibile dal: 05/08/2022
- Etichetta:
- Moment Of Collapse
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Non si sa molto della genesi degli Aeir, progetto che vede coinvolti alcuni ex membri dei Light Bearer, band che nello corso decennio fece piuttosto parlare di sé grazie alla sua toccante miscela di post-metal, sludge e velleità progressive. Di questa nuova realtà non fa parte il frontman e ideologo Alex Bradshaw, tuttavia il debut “Vol I: A Frith Befouled” cerca di porsi senza mezzi termini come un ricco concept album sulla scia delle opere dei Light Bearer, presentando una storia che sembra abbia a che fare con una sorta di racconto allegorico con riferimenti a un governo di matrice feudale, dissenso proletario e divinità mesopotamiche, fra le altre cose. Anche a livello di sonorità, comunque, non sono poche le analogie con quanto proposto un tempo dal suddetto gruppo britannico, anche se qui la miscela illustrata nell’incipit sembra prendere una piega più essenziale. Il disco è strutturato in cinque tracce, con l’iniziale “Serfdom” e con “Curia Regis” che potrebbero essere sostanzialmente viste come un intro e un intermezzo: il ‘grosso’ del lavoro è infatti rappresentato dai restanti episodi, la cui durata va dai dieci ai quattordici minuti, nei quali la formazione procede nel suo racconto immaginifico e premonitore, facendosi strada in un reticolo di riffoni post-metal/sludge, parentesi acustiche e orlature di sottofondo che talvolta diventano più incisive e incalzanti. Ci viene quindi restituito un ambiente sonoro che ha in Cult Of Luna, primi Year Of No Light e negli stessi Light Bearer i propri principali punti di riferimento. Dove gli autori di “Lapsus” e “Silver Tongue” però osavano con inserti orchestrali e, in generale, una pronunciata maestosità a livello strumentale, gli Aeir, come accennato, puntano su un allestimento più spoglio e frammentato, preferendo ingentilire il sound solo con saltuari interventi di voce pulita, anziché con ricercati arrangiamenti dalla grana fine.
Con l’eccezione del delicato attacco di “The Threshing Floor”, tutto sommato simile a certi spunti dei primi Pianos Become The Teeth, la musica quindi assume spesso un ritmo vorticoso che stordisce, ispirando una sensazione di distacco e straniazione, con la componente heavy a dettare i tempi senza concedersi molto spesso a quei crescendo e quelle aperture elegiache che normalmente caratterizzano questo sottogenere. La tracklist, grazie al moto ondulatorio di certi passaggi e al respiro concesso dai succitati brani più brevi, trova comunque il modo di farsi ascoltare e di risultare mediamente interessante, ma ogni tanto si ha l’impressione che l’operato della band non arrivi del tutto a decollare, restando un filo freddo, quasi come se si trattasse di una visione non sempre completamente a fuoco. Non troviamo insomma composizioni dello stesso calibro di “Lapsus” o “Beautiful Is This Burden”, dove forma e sentimento andavano meravigliosamente a braccetto; “Vol I: A Frith Befouled” prova a calarsi nella stessa nicchia, cercando di stabilire una connessione, ma la sua anima talvolta pare affievolirsi per poi venire assorbita dal rumore che sopraggiunge, anziché esplodere e regalarci melodie indimenticabili. C’è insomma del potenziale inespresso, ma per chi ama i riferimenti citati, la title-track e la stessa “The Threshing Floor” restano senza dubbio episodi da scoprire.