6.5
- Band: AEONBLACK
- Durata: 00:53:04
- Disponibile dal: 26/02/2021
- Etichetta:
- Black Sunset
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Il muro di Berlino era ancora lì a dividere le due Germanie quando i fabbri teutonici iniziarono a plasmare il duro metallo sotto il nome di Groggy Elks. A quel tempo, i genitori del Baden-Württemberg erano soliti crescere i loro pargoli con pane e Judas Priest, e questo a lungo andare ha portato a quel suono altissimo nel cantato di Holger Fehrke-Berger. Ma da allora molta acqua è passata sotto ai ponti e il gruppo ha cambiato nome e formazione. Ora ci troviamo di fronte al secondo album degli Aeonblack e subito dobbiamo superare uno scoglio, ovvero la copertina: non certo un buon biglietto da visita, con quella figura in primo piano con la maschera antigas e il nome stilizzato della band. Ma siamo qui a parlare di musica e quella il quintetto della Foresta Nera ha voglia di suonarla. Il suono è grezzo e diretto, puro heavy metal anni Ottanta senza tanti fronzoli: agli assoli Michael Maunze Kan preferisce i riff granitici che incombono in canzoni come “Fire Wheels” e “The Phantom Of The Pain”, dove possiamo notare anche la propensione di Peter Piet Steinbach nel battere tempi più vicini allo speed. L’alternanza delle tracce passa da sonorità più ruffiane come “Raw, Loud And Furious”, dalla cadenza del ritornello simil-inno, a qualche pezzo più strutturato come “Nightwalker”, dove gli arpeggi e quel senso di malinconia rimandano al mondo post-nucleare della copertina. L’acustica “1999 Annihilation Overture” crea la giusta tensione sonora per la titletrack “The Time Will Come”, dove il basso profondo e avvolgente di Ferdinand Panknin prende il suo spazio. Sono piccoli bei momenti nel complesso, perché non tutti i brani di questa seconda opera degli Aeonblack denotano spunti di personalità. In molti suoni la vena innovativa si esaurisce e ritornano melodie e passaggi già sentiti ormai da almeno trent’anni, con l’irrefrenabile voglia del cantante nell’eccedere con gli urletti e gli acuti che tanto vorrebbero arrivare alle vette ipersoniche di Rob Halford.
Nel complesso un bel salto indietro nel tempo per questo ascolto di heavy metal vecchia scuola, con un’ombra di nostalgia e solo qualche sprazzo di fantasia su temi già sentiti.