8.0
- Band: AEONS
- Durata: 01:06:21
- Disponibile dal: 02/07/2024
- Etichetta:
- Sliptrick Records
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Terzo lavoro per gli Aeons, quintetto originario dell’isola di Man, isolotto che si trova tra l’Inghilterra e l’Irlanda e non ha neanche centomila abitanti, e da subito possiamo dire che le ottime sensazioni che avevamo descritto nella recensione del predecessore “Consequences” sono confermate e, forse ancor più, accresciute dopo l’ascolto di questo nuovo “The Ghosts Of What We Knew”.
Dopo essere passato, durante le fasi di produzione, per le sapienti mani di Sebastian ‘Seeb’ Levermann dei teutonici Orden Ogan, ci troviamo davanti ad un condensato di potenza, con sfuriate di chitarre che passano dal gusto death scandinavo a riff molto più vicini allo stoner, e di melodia, con passaggi acustici e ballad malinconiche – come ad esempio la delicata “Blood”, che si avvicina ai primi Staind di “Break The Cycle”.
E proprio questa è la forza degli Aeons: le tre voci, una ruvida e urlata e due pulite, cioè quelle di Skippy, Scott e Si (questi ultimi due anche chitarristi), permettono un continuo passaggio su più livelli nelle trame cantate, che di colpo possono sbatterci in faccia la rabbia, come nei frequenti cambi di ritmo nell’introduttiva “Noose” o nella conclusiva “Collapse”, o che invece arrivano a lenire sofferenze come se cullassero i nostri momenti bui, come la balsamica “Machines” con i suoi arpeggi e la voce sofferta.
Ecco, quindi, che “The Ghost Of What We Knew” può essere – parafrasando una immortale citazione cinematografica – piuma e può essere ferro: insieme alla parte ritmica di Joe al basso e Justin alla batteria, troviamo anche l’inserimento di parti elettroniche, tastiere e ambientazioni industrial, e tutto si fonde alla perfezione, traccia dopo traccia, con le lunghe divagazioni di stampo progressive o brani corti e immediati, dal sapore più retrò (oltre ai già citati Staind, ci sono influenze dei primi Slipknot per il doppio uso della voce e per le accelerate e dei Tool per le atmosferiche musicali).
Menzione a parte per la lunghissima “Ghosts” di quasi venti minuti, un’opera in sé completa, una specie di album fotografico in musica, con un inizio a rilento e con sensazioni di sospensione temporale con i riverberi, per poi passare a ritmi più cadenzati, voce growl, riff più pesanti per poi di nuovi aprirsi a strofe pulite e grandi assoli di chitarra. Il tutto ripetuto almeno per tre volte, per poi andare spediti verso il crescendo finale con qualche tecnicismo e un clima di coralità tra melodico, ritmico e arrangiamenti.
Giunti alla conclusione dell’ascolto si può dire di esser davanti ad un altro bel lavoro per questi Aeons, una conferma nel panorama progressive che spazia fino a sonorità più estreme e che con questo “The Ghosts Of What We Knew” mette un punto esclamativo sulla loro, seppur breve, discografia.