6.5
- Band: AETERNUS
- Durata: 00:35:44
- Disponibile dal: 12/10/2018
- Etichetta:
- Dark Essence Records
- Distributore: Audioglobe
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Gli Aeternus fanno parte di quelle band della prima ondata di black metal norvegese che possiamo tranquillamente definire minori, comprimarie di una certa caratura, degne di rispetto ma certamente fuori da qualsiasi top ten del black metal scandinavo dei primi anni ‘90. Va detto che il trio di Bergen si caratterizza già da primo EP come creatura a se stante rispetto agli altri appartenenti al clan della nera fiamma, introducendo evidenti elementi mutuati dal death metal, come un growl cavernoso e alcune soluzioni di batteria. Non a caso, il termine utilizzato per auto definirsi dalla band del mastermind Ares (uno che ha collaborato coi Gorgoroth sul finire degli anni ‘90) è ‘dark metal’, inteso come mix di black e death con un’attenzione particolare alle trame chitarristiche e una buona dose di melodia. Si tratta certamente di una definizione calzante, che funziona anche per l’ultimo uscito, anche se il sound della band è notevolmente evoluto rispetto ai primordi.
Attenzione però, perché non bisogna confondere gli Aeternus con il sound delle band appartenenti al filone del cosiddetto blackened death à la Behemoth: i nostri dimostrano sicuramente maggior eccleticità sfuggendo alle dinamiche prestabilite che spesso costringono il genere e soprattutto rifuggono le finiture ‘plasticose’. “Hedning” si apre su suggestioni vichinghe per trasformarsi presto in un brano dall’incedere cadenzato che sembra sciogliersi in un assolo che ricorda prepotentemente gli Opeth di “Still Life”; questione di una manciata di secondi, sufficienti però a delineare un certo gusto verso soluzioni vicine al progressive, che fanno capolino qua e là nelle composizioni. L’impressione, proseguendo nell’ascolto, è che il death prevalga nettamente sul black nel mix che compone il disco, death melodico che si assesta su velocità medie e incorpora una buona dose di melodie cupe e assoli puliti (“Conjuring Of The Gentiles”). Fa eccezione la tellurica “The Significance Of Iblis”, che aumenta la percentuale di velocità e aggressività risultando un brano di puro death metal old school, non fosse per l’apertura melodica centrale. Successivamente, gli Aeternus tornano alla ricetta dei primi brani, dimostrando soluzioni melodiche dai toni dark romantici di una certa classe (“How Opaque The Disguise Of The Adversary”) cui alternano momenti più rocciosi e dai tratti epici, vedi la successiva “Boudica”, che ha un incedere che ricorda facilmente gli Amon Amarth, ma sfuma in melodie pagane e tribali che si ricollegano all’opener.
“Heathen” è un disco nel quale ci sono moltissimi spunti e suggestioni diverse, forse troppi, tanto che nell’insieme risulta non del tutto a fuoco. Sarebbe stato forse preferibile spingere maggiormente verso quegli elementi ‘pagani’ che spuntano spesso ma altrettanto facilmente si perdono in soluzioni stilistiche non totalmente in linea con questi (da ultimo citiamo le melodie orientaleggianti di “‘Illa Mayyit”). Ne risulta un lavoro sicuramente vario ma disomogeneo stilisticamente, che merita un ascolto ma probabilmente non l’acquisto. Peccato.