7.0
- Band: AETERNUS
- Durata: 00:38:00
- Disponibile dal: 17/11/2023
- Etichetta:
- Agonia Records
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La band norvegese gravita – ormai da molti anni – interamente attorno al leader Ares (al secolo Ronny Brandt Hovland), unico membro fondatore superstite della formazione che diede i natali – nella seconda metà degli anni ‘90 – ad una manciata di dischi molto interessanti. All’epoca gli Aeternus regalarono perle ‘minori’ (come “Beyond The Wandering Moon”) capaci di apportare un contributo riconoscibile al dirompente fenomeno del black metal scandinavo, del quale i ragazzi di Bergen diedero una propria versione, arricchita da elementi death metal ed inserimenti sinfonici e pagani.
E proprio il death metal è stato protagonista – più o meno assoluto – di tutte le uscite successive: questa scelta stilistica ha finito (ahinoi) per eliminare le atmosfere gelate che caratterizzano i loro primi lavori, banalizzando e appiattendo le composizioni.
Nel precedente “Heathen”, Ares è soci hanno cercato di ritornare in carreggiata, recuperando – almeno parzialmente – le suggestioni legate alla tradizione nordica, purtroppo senza riuscirci appieno. Questo “Philosopher” arriva a cinque anni di distanza e vede coinvolta la stessa line-up, a parte l’ingresso di Phobos dietro alle pelli (già musicista live per i Gorgoroth, band con la quale in passato ha suonato anche lo stesso Ares).
Messi frettolosamente da parte Mjöllnir e mitologia germanica, gli Aeternus sembrano strizzare l’occhio all’extreme metal moderno, con un blackened death metal rifinito, dalle ritmiche martellanti e i riff freddi ed ipnotici. L’approccio è più cerebrale e le tematiche – il titolo è esemplificativo – sembrano mirare a sondare le complessità dell’animo umano (con qualche pennellata di un generico satanismo razionale) nel pieno stile dell’attuale black metal generalista.
Sebbene questa virata non sia del tenore che speravamo e che i dubbi in merito alla personalità che anima (o meno) questo progetto siano ancora ben vividi, i nuovi brani risultano decisamente più a fuoco che in passato, e l’ascolto procede in modo fluido e tutto sommato piacevole.
L’apripista “Existentialist Hunter” – singolo digitale che ha fatto da antipasto per l’intero lavoro – fornisce immediatamente il polso della situazione: il ‘dark metal’ (l’auto definizione coniata da Hovland per definire la propria musica) è effettivamente oscuro, freddo e distante come il death metal melodico macchiato di black che rappresenta la nuova incarnazione del gruppo. Bello lo stacco melodico centrale che segue l’assolo, con una batteria dai toni marziali e la breve strofa parlata, in pieno stile norvegese. Molto meno piacevole la batteria triggerata, dettaglio del quale avremmo volentieri fatto a meno, con la quale bisogna convivere per tutto il disco, per fortuna non costantemente.
Particolarmente apprezzabili sono invece gli inserimenti di chitarra acustica, capaci di arricchire e dare personalità al sound, come nella seguente “World Bleak Nepotism”, una canzone che, con il suo incedere incalzante, dimostra qualcosa della scura epicità tanto cara ai Primordial.
Il resto del lavoro prosegue su coordinate simili, senza particolari sorprese ma anche senza cadute di stile o episodi zoppicanti. Menzioniamo infine “Carving The Pristine Anomie”, un brano più complesso che racchiude in sé melodia e aggressività, con tocchi tra l’acustico e il dark e un’aggressività trascinante.
In definitiva, nonostante le criticità già espresse, questo ritorno sulle scene segna un sicuro miglioramento rispetto alla prova precedente. Che sia questa la vera anima degli Aeternus?