6.5
- Band: AETHER VOID
- Durata: 00:42:01
- Disponibile dal: 04/10/2024
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Ciascuno di noi ha provato almeno una volta nella propria vita il dolore cocente scatenato dal tradimento di qualcuno di cui ci si fidava, e il subitaneo impulso all’ira, alla vendetta riparatrice, che sovente però si dilegua in un breve lasso di tempo, lasciando solo l’amaro retrogusto della delusione per il comportamento dell’altra persona.
Di questo ci parla “Of Rage And Grief”, secondo album di inediti dei modenesi Aether Void, che hanno dovuto provare, per loro stessa ammissione, sulla loro pelle questa spiacevole esperienza: un tema in cui è facile immedesimarsi, e lo è ancora di più se il sottofondo musicale è quello del nostro amato heavy metal.
Le coordinate stilistiche, in questo caso, possono essere circoscritte a un metal a cavallo tra classico e moderno, tutto sommato personale e senza un riferimento univoco e preciso: è possibile tirare in ballo gli Iced Earth (e quindi fondamentalmente una commistione tra gli eroi del metal tradizionale), i Judas Priest nella rocciosità di certi passaggi e gli Iron Maiden per alcuni particolari fraseggi chitarristici, ma anche le bordate del thrash metal targate Metallica dei tempi d’oro.
Le ritmiche sono potenti e il suono cristallino ne risalta l’aggressività e la precisione, grazie al gran lavoro di Cristiano Santini dei Disciplinatha e Dish Is Nein, che ha registrato l’album ai Morphing Studio di Bologna e si è occupato anche del mixing e del mastering. Non sono presenti le proverbiali cavalcate in terzine stoppatissime tipiche del gruppo di Jon Schaffer, ma nell’insieme i riff si muovono in quella direzione, senza particolari virtuosismi ma con una discreta attitudine nell’andare dritti al sodo.
Tutta la band gira su buoni livelli, la sezione ritmica è compatta e quadrata, e se ogni tanto si percepisce una certa meccanicità, questa non è mai accompagnata da altrettanta macchinosità: la capacità di restare nei ranghi e non strafare è un’altra freccia all’arco degli Aether Void.
Discorso a parte merita il cantato ad opera del nuovo entrato Alfredo Pellini, che non vorremmo diventasse cruciale, ma che è impossibile trascurare. Iniziamo col dire che non è assolutamente una questione tecnica, perché Pellini è bravo e tutto quanto; anzi, da questo punto di vista è anche superiore a chi l’ha preceduto, e si sa quanto sia complesso trovare cantanti dotati, appassionati e affidabili in ambito di metal più classico.
Eppure, c’è un però: per la musica proposta dai modenesi, non innovativa ma abbastanza personale, classica ma dalle note contemporanee, melodica ma all’occorrenza anche piuttosto arcigna, l’ugola di Salvatore ‘Thore’ De Matteo, ruvida, particolare, versatile, risultava perfetta, e il primo, interessante, album “Curse Of Life” ne è la riprova; Pellini invece è palesemente un cantante power metal (è stato perfino in una tribute band dei Sonata Artica) e il suo approccio è decisamente diverso, e come avrete ormai intuito, risulta nell’insieme leggermente meno convincente, soprattutto perché toglie un po’ di identità al gruppo e crea più stacco con l’accompagnamento musicale.
Tuttavia, al netto di alcune forzature, la sua prestazione sa farsi apprezzare e può ottenere più di un consenso; almeno metà dell’album gira benissimo, risultando fresca e coinvolgente; in particolare segnaliamo il primo singolo “Crucified”, rabbioso ma baciato anche da azzeccate melodie, la toccante semiballad “No Tomorrow”, e i due inni metallici “The Ice Queen” e “Trickster World”, adattissime alla dimensione live.
Bisogna aggiustare un po’ il tiro, ma questa seconda fatica degli Aether Void è comunque ampiamente sufficiente e può stuzzicare gli amanti del power metal più moderno e spigoloso.