7.0
- Band: ÆVANGELIST
- Durata: 00:46:04
- Disponibile dal: 22/02/2021
- Etichetta:
- Dead Seed Productions
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Persa definitivamente per strada Ascaris e con il solo Matron Thorn a tenere le fila del discorso, coadiuvato dall’ex cantante degli Anorexia Nervosa, Stéphane Gerbaud, i ‘nuovi’ Ævangelist si rimettono in gioco nuovamente con la terza parte di “Dream An Evil Dream”. Siamo al capitolo numero tre, per una serie di uscite in origine volte a esplorare sonorità più astratte ed elusive di quelle della discografia principale del duo. In questa nuova incarnazione, i ruoli paiono essersi ribaltati, ad ascoltare l’un di fianco all’altro il precedente, illogico e dispersivo, “Nightmarecatcher” e il fresco fresco “Dream An Evil Dream III”. Insospettabilmente, contro ogni previsione data la deriva recente di Matron Thorn, siamo alle prese con una release di relativa digeribilità e dalla struttura tutto sommato solida e non eccessivamente arzigogolata.
Si tratta di un’unica maxi-composizione di tre quarti d’ora, che porta con sé le chitarre stimmate dell’universo Ævangelist, collocandosi dalle parti di un “Matricide In The Temple Of Omega”, l’ultima pubblicazione firmata dal duo Ascaris-Matron Thron prima dello split. Musica destrutturata, rimpinzata di dissonanze dolciastre, dimentica in larga parte del death metal e orientata a forme black metal contorte, avveniristiche e disturbanti. Confezionata in una produzione graditamente nitida, la suite ha una sua coerenza ritmica e continuità tale da non apparire un mero collage di parti scollegate tra di loro. Lo snodarsi delle ritmiche, aderente a uno spirito free-jazz già messo in mostra in passate uscite dei Nostri, si depura di esplosioni non funzionali al contesto e va al contrario a regalarci, per il grosso della durata, una prestazione sobria pur negli elaborati tecnicismi adottati. Al centro rimane il chitarrismo sui generis di Matron Thorn, condensante in questo caso melodie di maggior respiro rispetto alle sue abitudini, efficace nell’alternanza di ipnotismi e aggressioni, sprazzi di schizofrenia e momenti di relativa calma.
Lasciati perdere esperimenti elettronici, incursioni nell’industrial, strumenti fuori dal contesto metal, gli Ævangelist paiono riprendere il controllo della propria musica; così, anche le linee vocali, totalmente insensate in “Nightmarecatcher”, riacciuffano una loro rilevanza e Gerbaud può finalmente dare un contributo effettivo alla causa. Nelle fasi più concitate, si riaffaccia quell’avant-garde death metal che aveva fatto le fortune della formazione tempo addietro, anche se il tutto è filtrato dalla lente del caos ed è pressante il desiderio di fuggire in avanti, verso forme sonore degenerate e fuori controllo. Spoken word e il taglio noise di alcune fasi si inseriscono senza sforzo nel malato contesto, regalandoci in ultima analisi un album che risolleva il morale di tutti gli appassionati di questo strambo costrutto a nome Ævangelist. Non siamo al livello dei loro dischi migliori, ma il cambio di passo – tanto per usare un’espressione tanto in voga di questi tempi – ci pare degno di nota.