AFSKY – Om hundrede år

Pubblicato il 21/03/2023 da
voto
7.5
  • Band: AFSKY
  • Durata: 00:43:07
  • Disponibile dal: 15/03/2023
  • Etichetta:
  • Vendetta Records

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La magia dei primi Ulver. Ascoltando “Om hundrede år” è piuttosto difficile non correre lì con l’immaginazione, anche se Ole Pedersen Luk, da sempre unica mente del progetto Afsky, compie da tempo un suo viaggio personale, che coincide con una ricerca musicale profonda e fortemente introspettiva, affrontata con una consapevolezza dei propri mezzi sempre più marcata ed evidente. La black metal band danese, nel suo spaziare fra sferzante elettricità e grazia acustica – con episodi in cui si va ad asciugare il superfluo e a scarnificare il suono sino all’essenziale, con canzoni che si reggono comunque su una scrittura solida – ricorda in effetti, nell’indole, i maestri norvegesi nei loro seminali esordi. Luk, tuttavia, in un disco come “Om…”, ha innegabilmente i piedi ben piantati a terra, mentre esamina le proprie passioni e le confronta con un presente irrequieto e appunto personale. Uno ‘stream of consciousness’ che aggroviglia e non lascia più: un tappeto sonoro plumbeo, sebbene certo mai avaro di spunti euforici e melodiosi, che scivola dritto fino alla fine lungo una tracklist compatta e uniforme, con sei tracce assai simili nella durata.
Organico nei suoni quanto nell’approccio a livello interpretativo, l’operato del musicista scandinavo ha il sapore della terra, della pioggia e, soprattutto, di riflessioni nostalgiche. Ascoltando “Om…”, ci si perde infatti in una malinconia dalla quale è dolce lasciarsi cullare, come un mantra che ipnotizza e porta fino alla fine di un lavoro fervido e screziato, dalle puntuali radici folk che sanno perdersi, confondersi e mescolarsi con quell’aggressività e quelle fosche brume tipiche del genere. Facile, in certi casi, pensare anche ai Drudkh, grazie in primis a delle strutture circolari che si perdono, come maree, nella deriva riflessiva, in un flusso elegiaco dai colori tenui che stimolano il raggiungimento degli angoli più intimi dei nostri cuori.
A conti fatti, gli ingredienti che compongono il disco sono semplici, le influenze chiare e lo sviluppo mai troppo enigmatico. La mano di Luk tuttavia è salda e il suo attingere da modelli pregressi non si annacqua in un didascalico citazionismo, mantenendo una sua freschezza e un proprio carattere, insistendo su un mood languidamente intenso che non risulta mai posticcio. L’iniziale “Stormfulde hav”, in questo senso, scopre subito tutte le carte, presentando in rapida successione tutti gli elementi cardine di un’opera pensata e impalcata con raffinatezza e perizia tecnica, la quale non concede nulla al caso, pur risultando per certi versi spartanamente minimale.
Integrato l’esperimento acustico del precedente “I stilhed” nel tipico songwriting di estrazione black metal, il compositore danese è insomma riuscito ad arricchire e perfezionare una formula che già in origine aveva un suo perché, elaborando così un album particolarmente completo e scorrevole, che finisce per rappresentare il punto più alto della sua ancor giovane carriera. Una prova che sa di maturità definitivamente raggiunta, a maggior ragione se si crede alla teoria che il terzo full-length sia un passaggio cruciale per ogni band che si rispetti.

TRACKLIST

  1. Stormfulde hav
  2. Frosne vind
  3. Tak for alt
  4. Det der var
  5. Tid
  6. Fred være med støvet
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