8.0
- Band: AGALLOCH
- Durata: 00:59:58
- Disponibile dal: 13/05/2014
- Etichetta:
- Eisenwald Tonschmiede
- Distributore: Masterpiece
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Quinto album in quasi un ventennio per gli Agalloch, band che si conferma come una delle migliori formazioni contemporanee di dark/black metal, abili costruttori di complesse composizioni che si avvalgono ormai costantemente di melodie ricercate e arrangiamenti fantasiosi e mai banali. Le canzoni del gruppo statunitense si sviluppano come approfondite narrazioni lungo un arco di tempo solitamente ben superiore ai canonici quattro/cinque minuti, dando modo a John Haughm e compagni di variare molto sul tema principale, arricchirle di suoni, emozioni, sentimenti. Agli Agalloch la lezione di certe prog è evidentemente servita, così come sono presenti gli insegnamenti di alcuni temerari artisti della scena death-black nordeuropea degli anni Novanta. A quattro anni dal precedente full-length, l’indimenticabile “Marrow Of The Spirit”, il gruppo sfodera l’ennesimo disco intenso, questa volta però segnato da una verve intimista più marcata, che lo distingue subito dal suo predecessore, il quale era forse ritmicamente più vario e presentava aperture black metal più accese. Le atmosfere, tuttavia, sono quelle di sempre e dunque innegabilmente Agalloch: “The Serpent & the Sphere” è un disco naturalista e assolutamente contemplativo, che ancora una volta è difficile da definire; incasellato soltanto sotto l’etichetta “black” suona troppo luminoso, se messo sotto il marchio “pagan/folk” – almeno se si prende in esame l’accezione corrente del termine – risulta talmente ricco di spunti musicalmente complessi da rivoluzionare il genere o almeno portarlo ad una ricchezza difficilmente raggiunta dalla maggior parte delle attuali band del filone. Gli Agalloch immergono l’ascoltatore in una profonda ricerca di geometrie sonore sorprendenti: il meglio arriva all’altezza di “Dark Matter Gods”, che nasce da una goccia e da un arpeggio di chitarra per poi espandersi e raggiungere il pieno degli strumenti con soluzioni che abbracciano uno spettro di influenze enorme, dal black metal al doom, passando per dark metal Novantiano e retaggi pagani. “Celestial Effigy” è altrettanto spettacolare con la sua intelaiatura acustica figlia dei vecchi Ulver e il drumming diretto alla primi Katatonia. Nella tracklist ci sono tuttavia anche canzoni più semplici, ma suonate con una capacità compositiva così poliedrica da non essere mai prevedibili nè ripetitive, come la arrembante “The Astral Dialogue”, che curiosamente ricorda un po’ i primi Amon Amarth nel riff portante. L’opera, in ogni caso, non conosce cali di intensità o passaggi a vuoto, tanto che siamo dell’idea che ogni fan potrà trovare immediatamente una traccia preferita, per poi magari cambiare idea nel giro di alcune fruzioni, optando per un’altra. “The Serpent & the Sphere” è insomma a tutti gli effetti un altro disco prezioso targato Agalloch, un lavoro che ascolto dopo ascolto non smette mai di stupire.