6.5
- Band: AGE OF TAURUS
- Durata: 00:41:58
- Disponibile dal: 27/05/2013
- Etichetta:
- Rise Above Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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Davanti ad un roster qualitativamente impressionante come quello della Rise Above, una band solo bravina come gli Age Of Taurus rischia veramente di fare una figuraccia. Lontani anni luce dalle ultime tendenze psych-alchemic-folk-doom-rock che Lee Dorrian pare apprezzare enormemente, i Nostri vanno a pescare nel doom più canonico e classico, ovverosia quello che fa capo a Trouble, Candlemass e Solitude Aeturnus in primis. Nati nel 2009 in quel di Londra e con un solo demo all’attivo, il quartetto guidato da Toby Wright ci propone sette brani mediamente lunghi ed elaborati, durante i quali viene a galla tutto il loro amore per gli anni Ottanta, dato che alcune soluzioni esulano anche dal doom tout court per andare a parare in territori prettamente heavy. Sono soprattutto le costruzioni armoniche a seguire questo percorso, lasciando alla sezione ritmica ed ai riff chitarristici il compito di immergere l’ascoltatore in un immaginario molto vicino da un lato ai Candlemass e dall’altro lato ai The Gates Of Slumber. Doom classico ed epicheggiante insomma, che la band sciorina con una certa facilità ma con altrettanta derivatività. Prendiamo ad esempio un brano quale “Walk With Me, My Queen”: epic doom praticamente perfetto, se non fosse per quei riff rubati ai Candlemass e quei suoni praticamente identici a quelli di “Nightfall”. Stessa cosa si può dire di “A Rush Of Power”. Di contro “Sinking City” o “Always In The Eye”, pur essendo più personali, non riescono a colpire nel segno, forse proprio per questo rifiuto di appoggiarsi su stilemi creati da altri. Insomma, ci rendiamo conto che stiamo chiedendo la botte piena e la moglie ubriaca, ma ci pare proprio che gli Age Of Taurus non siano ancora in grado di gestire al meglio le loro capacità. “Embrace The Stone” cerca di giocare con atmosfere più rarefatte e darkeggianti, mentre la conclusiva “The Bull And The Bear” è una buona heavy track veloce e coesa che rimanda direttamente ai primi anni Ottanta. Detto di una produzione praticamente perfetta, curata dal sempre eccellente Jaime Gomez Arellano, non ci rimane che consigliare “Desperate Souls Of Tortured Times” ai die hard fan del doom, segnalando altresì che qui non troveranno assolutamente nulla di originale.