7.5
- Band: AGELESS OBLIVION
- Durata: 01:06:38
- Disponibile dal: 17/03/2014
- Etichetta:
- Siege Of Amida Records
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Avevamo lasciato i death metaller inglesi Ageless Oblivion nel 2011, dopo un debutto tutto sommato non particolarmente esaltante ma che ci aveva messo in mostra un potenziale ancora non del tutto espresso. Li ritroviamo oggi più vecchi di qualche anno – ma nonostante questo, ancora molto giovani – con una maturazione oseremmo dire esponenziale. Quello che ci aveva lasciato sostanzialmente indifferenti in “Temples Of Transcendent Evolution” era questo loro andare a pescare varie influenze nel death metal moderno, ricco di groove, di ritmi sbilenchi e aperture melodiche, senza renderle in qualche modo personali e senza dare quindi un’identità vera e propria al loro operato. Oggi è cambiato praticamente tutto. Tanto per iniziare il sound dei Nostri, sempre comunque curato dal punto di vista della produzione in maniera ineccepibile da Chris Fielding (Napalm Death), è mutato in maniera radicale sotto certi aspetti, pur rimanendo allo stesso tempo coerente con quanto fatto in passato. La prima grossa novità è l’introduzione di parti rallentate, oscure ed impenetrabili come una colata di petrolio, di radice doom/post-core e, in questo, debitrici degli stimatissimi Ulcerate. Un brano lungo e articolato come “Where Wasps Now Nest” è una sorta di manifesto di questa nuova verve dei Nostri, con la sua lunga introduzione, nel suo incedere lento ma costante, la sua tensione crescente fino al suo sfociare in un acquoso arpeggio accompagnato addirittura da vocalizzi di voce femminile, che non stonano assolutamente e, anzi, aiutano a mantenere alta la tensione per tutti i dodici minuti del pezzo. Un altro brano che ci sentiamo di citare a titolo di esempio, più che altro per far capire ai nostri lettori il suono di questi ragazzi, è “The Midas Throat”, che mette in risalto la loro capacità di saper scrivere pezzi variegati e ricchi di sfaccettature, pigiando a tavoletta quando è il momento di farlo, sciorinando bei riff techno death dinamici, taglienti e al contempo ricchi di groove, sorprendendo poi l’ascoltatore con aperture melodiche assolutamente vincenti (con un urlato che non è un pulito, ma nemmeno il classico growl; diremmo piuttosto la giusta via di mezzo tra le due cose), che ci riportano sì alla mente certi Gojira, ma senza scopiazzature evidenti o copia-incolla di riff. Se dovessimo trovare un aggettivo per “Penthos” questo sarebbe coraggioso, in quanto ci propone una band che ha provato ad andare oltre i propri limiti e soprattutto oltre i soliti stereotipi provando a fare qualcosa di personale e che, grazie ad un’intelligenza compositiva degna di nota, è riuscita a dare alla luce un platter davvero notevole, che forse ha il solo difetto di essere un po’ troppo lungo; ma anche in ciò la formazione denota un certo coraggio, dato che i cali di tensione sono davvero pochissimi. Sorprendenti Ageless Oblivion, date loro una possibilità.