7.5
- Band: AHAMKARA
- Durata: 00:47:35
- Disponibile dal: 10/02/2015
- Etichetta:
- Bindrune Recordings
- Nordvis Produktion
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NWOBBM. Cosa si nasconderebbe dietro questo acronimo? Provocatoriamente – ma neanche troppo – la chiameremmo New Wave Of British Black Metal. Una definizione nata in assonanza con la famosa dicitura New Wave Of British Heavy Metal, a cui ci rifacciamo per definire un certo tipo di black metal che nella Terra d’Albione sta trovando il terreno adatto per svilupparsi. Fen e Winterfylleth hanno tracciato la strada di una musica estrema che ha nel prefisso “black” la denominazione di origine, ma segue poi nelle sue diramazioni strade soniche/concettuali ben diverse. Secondo il punto di vista del sottoscritto, vi sono nelle due realtà citate alcuni punti di incontro con il concept naturalistico/utopistico del Cascadian black metal, riletto secondo una sensibilità territoriale propria del contesto anglosassone. A questo movimento in ascesa aggiungiamo ora gli Ahamkara – nelle cui fila milita il polistrumentista Michael Blenkarn, in forza nei più famosi Wodensthrone – che si sono fatti notare nell’ambito del black metal atmosferico con questo esordio autoprodotto, “The Embers Of The Stars” rilasciato nel 2014 solo in digitale, per poi guadagnarsi grazie ai consensi ricevuti la ristampa in formato fisico da parte della Bindrune (per il mercato americano) e della Nordvis (per quello europeo). Due case discografiche molto attente al filone del metal legato alla natura e a ritmi arcani (avevano rilasciato in tandem nel 2014 “Roads To The North” dei Panopticon), dove gli Ahamkara sguazzano alla grande, privilegiando costrutti melodici eterei e sospirantiri spetto a brutalità e malvagità inconsulta. Come sovente accade in questi casi, ciò non comporta un eccessivo alleggerimento della proposta, che dirama le sue pulsioni su binari paralleli difficilmente tangenti: da un parte, chitarre variopinte e tendenzialmente rasserenanti, attanagliate da un moto convulso che si permette abbondanti concessioni ad aperture melodiose e cristalline; dall’altro, pattern di batteria esagitati, con una doppia cassa implacabile, e uno screaming strozzatissimo ricompongono un quadro un poco più tradizionale e intransigente. A legare queste due facce della stessa medaglia ci pensano tastiere della consistenza della seta, garbate per come si pongono e strategiche nel ruolo di equilibratrici del sound degli Ahamkara. I ragazzi di Newcastle si svelano un poco per volta all’interno di composizioni di sfidante durata (tutte oltre i dieci minuti), espandendo lo spettro sonoro un passo alla volta, accordando udienza nel loro mondo fatato prima tramite schemi più immediati e travolgenti, per poi passare ad attimi di riflessività, costrutti ritmici più elaborati, languide fughe nel mondo dei sogni. In sottofondo, un basso agile e umorale appena appena udibile conferisce ulteriore dinamismo a pezzi che nella lunga durata si esaltano e trovano il pieno compimento, la loro ultima ragion d’essere. Proprio la gestione e il susseguirsi delle diverse sezioni secondo una continuità d’azione ininterrotta rende l’ascolto avvincente, privo di cadute di tono: non vi sono sensazionalismi o trovate ad effetto in “The Embers Of The Stars”, solo una musicalità insieme cruda e celestiale, che guarda alle stelle ma non dimentica di tenere i piedi ben saldi a terra. Qualche – misurato – influsso folk avvicina agli Agalloch, mentre le lunghe “tirate” accompagnate da armonie luminescenti potrebbero non dispiacere agli amanti dei Deafheaven, anche se qui tutto il sostrato shoegaze che avvolge la musica della band di San Francisco viene a cadere. Per un ulteriore salto di qualità servirà ora introdurre qualche nuova variazione sul tema e dare un’impronta maggiormente distintiva alle singole tracce, ci vuole ancora qualche sforzo per sfornare un suono che “sappia di Ahamkara” e non debba essere per forza accostato a realtà operanti da anni in questi ambiti. Ascolto fortemente consigliato.