8.0
- Band: AIAZZI/MAROCCOLO
- Durata: 00:53:17
- Disponibile dal: 26/02/2021
- Etichetta:
- Contempo Records
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Come un anello che congiunge se stesso alla fine di un primo giro, “Mephisto Ballad” riprende in mano le redini di un periodo – e di un certo tipo di espressionismo – che aveva appena iniziato a muovere i suoi passi al tempo del suo concepimento, e ne porta al 2021 una versione aggiornata, maturata, certamente non addomesticata. Primo album come duo per Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi, colonne portanti dei Litfiba ‘anni Ottanta’, che tra collaborazioni varie nel corso di quattro decenni hanno deciso di riprendere in mano i fasti di un’epoca feconda di sonorità dark. Galeotto fu il Carnevale del 1982, quando i Litfiba si esibirono alla Mephistofesta voluta da Bruno Casini, acme di un movimento intrinsecamente gotico infarcito di post-punk macabro e dark wave; una serata, appunto, macabra, oscura, della quale non ci sono documenti video o fotografici ma racconti di bare sul palco e vibrante sperimentazione. E non per niente in “Mephisto Ballad” ritroviamo quella “E.F.S. Quarantaquattro” suonata in quella occasione e poi finita nel primo EP dei Litfiba, “Guerra”. Un brano rivisto con quarant’anni di elaborazioni, di esperimenti: sedici minuti strumentali, se si esclude l’apporto vocale di Giancarlo Cauteruccio (regista e fondatore dei Krypton, dei quali i Litifba musicarono l’Eneide) in una libera interpretazione di versi del Faust. Una lunga suite astratta, colma di sonorità più che di momenti, oscura e ipnotica, che setta le frequenze del resto dell’album, che si snoda tra divagazioni elettroniche, come in “Streben”, plumbei picchi velati d’angoscia, aperture ambient ben bilanciate tra dark e atmosfera trasognante (“Das Ende”, “Die Laster”) e che solo alla fine sembra portare un flebile assaggio di luce. Un viaggio a due pregno di suggestioni e che costruisce un percorso sonoro ben preciso e quasi cinematografico, dove l’apporto di Aiazzi diventa quasi asettico rispetto alla costruzione dei tappeti sonori a cui eravamo abituati in ambito Litfiba, eppure proprio per questo capace di svettare elegante, mentre il basso di Maroccolo sa conquistarsi i suoi spazi con parsimonia, gestendo i tempi, sapendo quando irrompere e quando ritirarsi, con un timbro tra i più riconoscibili nel suo settore. Non è un disco semplicissimo, “Mephisto Ballad”, necessita di attenzione, di tempo da dedicargli, ma una volta lasciatolo entrare resta addosso, scava nel profondo, lasciando tracce indelebili del proprio passaggio.