6.5
- Band: AIR RAID
- Durata: 00:35:00
- Disponibile dal: 21/11/2014
- Etichetta:
- High Roller Records
Spotify:
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Cominciamo la recensione mettendo le mani avanti: questo disco è più facile amarlo o odiarlo, piuttosto che rimanere obiettivi come stiamo ‘cercando’ (le virgolette sono d’obbligo) di fare noi. Il punto è che l’heavy metal che gli svedesi Air Raid ci presentano in questo loro secondo disco “Point Of Impact” è quanto di più tradizionale e puro, ma anche scontato e derivativo, possa esserci. Nessuna pietà su questo punto, non c’è una nota, un fraseggio o un passaggio che un fan del metal classico Anni ’80 non abbia già sentito sui solchi dei dischi storici di Iron Maiden e Judas Priest ma anche di Saxon e, in misura minore, Helloween e Gamma Ray. Heavy/power dunque, con accenni speed, ma ripropostoci esattamente nella guisa e con i criteri stabiliti da quelle grandi band oramai più di vent’anni fa. Quello che interviene a ‘salvare’ l’album dall’essere bollato come inutile e derivativo è però un’assoluta preparazione tecnica, un atteggiamento veramente in linea con la musica prodotta e l’oggettiva qualità della musica incisa. Oggettivamente, parlare ‘male’ di “Point Of Impact” è davvero difficile, se non appunto appigliandosi all’assoluta mancanza di personalità e fantasia. Oramai il nostro dilemma lo avrete capito, il punto è che le nove canzoni di questo corto dischetto sono belle. Belle come potrebbero in effetti esserlo “Losfer Words” degli Iron, “Heeding The Call” degli Hammerfall o “Overkill” dei Motorhead, solo che queste sono state scritte prima. Fin dall’opener “Bound To Destroy” parte il carosello delle citazioni: il secco drumming iniziale che lascia immediatamente spazio ad un pompante giro di basso non può non ricordarci i Motorhead, mentre il susseguente riffing a due chitarre porta chiaramente impresso il marchio della coppia Murray/Smith stile “The Wickerman”. “Madness” cambia il tiro ma solo di poco, con i Judas chiamati in causa sia dall’alchimia trai due chitarristi Stormchild e Nightshredder, che tanto ricorda quella tra Downing e Tipton, e dal cantato assolutamente Halfordiano. “Victim Of Fire” è solo un pelo diversa, richiamando in mente più i conterranei Heavy Load piuttosto che la musica made in UK, ma siamo sempre li, di farina del sacco degli Air Raid ce ne è proprio poca. “Wildfire” non solo è uguale a canzoni composte da altri gruppi… ma è anche fin troppo simile alla canzone di apertura! Ascoltate la strofa: ok, melodie diverse, ma intento e sensazioni di fondo praticamente uguali! “Flying Fortress”, nonostante la somiglianza con la già citata “Losfer Words” dallo storico “Powerslave” è uno dei nostri brani preferiti, uno strumentale chitarristico perfetto, che mette in luce quanto questa coppia di chitarristi sia avanti rispetto alla media delle produzioni attuali nel campo del metal classico. Il finale del disco è un po’ più ‘movimentato’ dell’inizio e sia “Vengeance” che la finale “We Got The Force” sanno più di Helloween e di power metal che di heavy classico, ma anche qui più che (ri)sentire brani fatti da altri non facciamo. In genere si tende a dire: ‘che senso ha comprare questo prodotto se tanto gli Iron hanno già fatto meglio la stessa cosa’… anche stavolta il discorso vale, anche se dobbiamo ricordarci di togliere il ‘meglio’, perché come già detto un pezzo come “Flying Fortress” ha poco da invidiare al suo corrispondente degli Anni ’80. Che altro dire? Se vi piace il metal classico o le band citate, questo disco lo troverete bello, non si scappa. Ma se anche la proposta musicale si confà bene ai vostri gusti, se siete tra quelli in cerca di un minimo di personalità state attenti perché difficilmente ne troverete. Per quanto riguarda noi… non ci resta che mettere una sufficienza piena, triste media tra quanto ci sono piaciute le canzoni per via del nostro background classico e quanto abbiamo scosso la testa per la disarmante mancanza di originalità.