6.5
- Band: AKERCOCKE
- Durata: 00:56:36
- Disponibile dal: 04/09/2001
- Etichetta:
- Peaceville
- Distributore: Audioglobe
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Questo “Goat of Mendes”, secondo parto dei Britannici Akercocke, costituisce per l’ascoltatore un’esperienza non del tutto paragonabile ad una gita in campagna in un caldo pomeriggio di fine maggio. Il genere proposto dalla band è classificabile al meglio come “metal estremo”, poichè senza essere eccessivi, nell’album si trovano praticamente tutte le diverse sfumature del death e del black. Volendo essere estremamente “tecnici”, si ascoltano in prevalenza riff brutal spruzzati di un venticello di prog-death, spesso simili ai primi lavori dei Death. La descrizione che fin qui si ricava dell’album è comunque riduttiva, perchè nei dodici pezzi di “The Goat of Mendes” si sente un po’ di tutto; dopo l’iniziale “Of Menstrual Blood and Semen”, improntata ad un techno-death d’impatto ma non particolarmente avanguardistico (sorvolando su alcuni effettacci industrial di bassissima fattura), la prosecuzione dell’opera è affidata a pezzi che mischiano strutture ed armonie dissonanti, figlie spesso dei Killing Joke, ad un death-black mutante che non manca di citare gli immensi Today is The Day. L’album è senza dubbio molto difficile da digerire, sia perchè le composizioni risultano nella maggior parte dei casi molto intricate, sia perchè il lavoro risulta non poco discontinuo; a pezzi molto ben strutturati, se ne affiancano altri eccessivamente pretenziosi e prolissi. Non è facile mischiare in modo coerente influenze che vanno dal death all’avantgarde, fino al death e al prog, ed è un’ abilità che gli Akercocke non sempre dimostrano di saper gestire al meglio, ricorrendo spesso a soluzioni piuttosto grossolane. Quando, però, le cose girano come dovrebbero, emerge un lato della band molto interessante, che, a nostro giudizio, è quello più sperimentale e meno furioso. Riferiamo la considerazione a piccole tranches di brani, intuizioni di pochi minuti, anche perchè le singole tracce, per quanto intricate, molte volte finiscono per essere dispersive. Un ultimo appunto sull’immagine del gruppo, che si presenta sul palco in giacca e cravatta pur rifacendosi ad un’iconografia satanico-blasfema piuttosto politically uncorrect… non male….