8.0
- Band: AKHLYS
- Durata: 00:46:22
- Disponibile dal: 14/12/2020
- Etichetta:
- Debemur Morti
- Distributore: Audioglobe
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Avevamo lasciato gli Akhlys oltre cinque anni fa, in quell’immaginifico e magnifico vortice intitolato “The Dreaming I”. Un disco invecchiato benissimo, che risulta ancora attuale e competitivo sotto ogni punto di vista, tanto da venire già considerato da molti uno dei migliori album black metal degli anni Duemila. Il nuovo “Melinoë”, dal canto suo, si guarda bene dallo stravolgere le coordinate che hanno portato ampia fortuna al progetto statunitense, insistendo su quell’incontro fra black metal, spirali progressive e sensibilità dark ambient che è ormai diventato l’assoluto marchio di fabbrica di questa enigmatica realtà. Un suono che conosce pochi eguali e che è capace di trasportare l’ascoltatore in mondi magnetici e seducenti con una facilità sbalorditiva. Le pennellate di melodia e quella trance estatica e surreale che avevamo avuto modo di apprezzare su “The Dreaming I” vengono dunque riprese e ulteriormente sviluppate su questa nuova opera: se ascoltato in cuffia, “Melinoë”, riesce quasi a configurarsi come la colonna sonora di un viaggio di un corriere cosmico; gli strumenti sono la tavolozza che dipinge lo scenario di questa peregrinazione interstellare e la loro interazione e fusione traccia la mutevolezza dell’ambiente, ora con colpi decisi e improvvisi, ora con una gradualità più lieve e impercettibile. Abbiamo già avuto modo di saggiare formule simili in alcuni dischi dei Blut Aus Nord o dei Darkspace, ma l’operato degli Akhlys attualmente risulta più che mai rifinito e contagioso: dall’incontro/scontro tra le due principali anime del progetto – quella black metal e quella dark ambient – emerge una musicalità eruttiva e variopinta, che sa entrare in scena ora contorta, ora più liquida e onirica, oltre a dimostrarsi semplicemente lacerante in altri tratti, per un risultato finale che non può che esprimere un’idea di completezza e che ambisce, senza indecisioni, a presentarsi come un’esperienza sensoriale su più livelli.
In questa convinta ricerca di un suono complessivo, con movimenti sonori ampi in una dimensione quasi orchestrale, non va infine sottovalutata la facilità con cui le melodie riescono a imporsi anche nei momenti di stasi interlocutoria: un elemento, questo, che, oltre a sottolineare ulteriormente la grande caratura e il carisma del gruppo, potrebbe portare anche coloro non propriamente avvezzi a questo tipo di suoni ad avvicinarsi al disco.
“Melinoë”, in definitiva, è uno dei lavori più ‘alti’ che il panorama black metal ci abbia donato in questo tormentato 2020: un vero e proprio monumento al fascino perverso dell’ambiguità e al potere evocativo e visionario dei contrasti.