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- Band: ALABAMA THUNDERPUSSY
- Durata:
- Disponibile dal: //2002
- Etichetta:
- Distributore: Self
Dopo una serie di vicessitudini non proprio positive – a cominciare dai numerosi cambi di line up – la band americana si ripresenta sul mercato con un album dal grande impatto sonoro, roccioso e granitico come vuole la vera tradizione del rock duro made in U.S.A.
“Staring At The Divine”, debut album su Relapse Records per la band di Richmond (Virginia), dopo ben tre lp ed una manciata di split con formazioni di tutto rispetto tra cui gli Orange Goblin, si apre infatti all’insegna del classico hard n’ heavy che affonda le radici nella più consolidata tradizione statunitense, e nel sound di band come Lynyrd Skynyrd, ZZ Top, Thin Lizzy, ed i Judas Priest più polverosi dei primi anni ottanta. E brani come “Ol’unfaithful”, “Motor-ready” e “Shapeshifter” non lasciano infatti spazio a dubbi su quanto il percorso artistico della band sia rimasto pressoché fedele agli esordi; Johnny Throckmorton, da dietro il microfono, riesce a cambiare in continuazione il suo timbro vocale, soprattutto nei primi tre brani e, partendo dal classico cantato ruvido e graffiante, arriva ad uno screaming anche abbastanza insolito per lo stile della band, riuscendo così a segnare fin dalle prime battute una performance a dir poco stupenda. Si continua con un brano adrenalinico, ottimo per un festoso headbanging, come “Whore Adore”: nonostante vi sia uno sfoggio talvolta eccessivo di cliché del genere, e pur incentrandosi tutto su un unico riff, il brano riesce a crescere risultando tra i migliori del lotto, così come “Twilight Arrival” che – grazie ad una struttura da semi-ballata, che alterna riff lenti ad un chorus tipicamente southern – mostra il profilo più elaborato degli Alabama Thunderpussy. Highlight assoluto dell’intero disco è invece “S.S.D.D.”: dopo un intro semplicissimo ci troviamo davanti ad una melodia accattivante ed un fill di chitarra clamoroso che non ha niente da invidiare a quelli dei grandi classici del genere; cosa chiedere di più? E a questo punto arrivano direttamente i cowboy! L’ultimo brano “Amounts That Count” è infatti un tradizionalissimo brano country che ci presenta la band alle prese anche con il banjo, ribadendo ulteriormente il legame di questi ragazzi con la loro terra. Un disco fatto non per chi cerca emozioni nuove e particolarmente originali, ma per chi cerca emozioni e basta, nella loro natura più calda, sporca e ruvida.