7.5
- Band: ALBEZ DUZ
- Durata: 00:48:21
- Disponibile dal: 12/09/2014
- Etichetta:
- Iron Bonehead Prod.
Spotify:
Apple Music:
E’ un motivo di vanto per una band ricordare in qualche modo l’operato dei Type O Negative. La morte di Pete Steele e il conseguente scioglimento della formazione newyorkese hanno lasciato un vuoto incolmabile tra gli estimatori del metal darkeggiante e intristito, promulgato dagli autori del seminale “Bloody Kisses” con tale originalità e spessore artistico da risultare praticamente inimitabile per chiunque. Il duo tedesco degli Albez Duz non è in grado di uguagliare cotanta passata magnificenza, ma ha il propellente giusto per avvicinarsi a quelle atmosfere e far passare una certa tinteggiatura verdognola sul proprio materiale. “The Coming Of Mictlan” è il secondo album per la band, partita come side-project di Impurus dei Dies Ater e diventata nel frattempo la priorità per questo misterioso musicista, autore di tutta la musica e capace di cimentarsi in autonomia con ogni strumento, voce esclusa. Qui troviamo il contributo di Alfonso Brito Lopez, singer di origine messicana senza esperienze significative alle spalle, il quale si cimenta in una performance sofferta, dove si ostenta una vocalità magica, incantatrice, che passa da morbide linee hard rock Seventies a sicuri baritonali di marcata impronta steeliana. La densità emotiva, l’incanalarsi dei pezzi su binari sinuosi e dalla direzione incerta, denotano spigliatezza e voglia di uscire dal coro, di essere un oggetto unico e raro. A un ascolto superficiale, gli Albez Duz potrebbero sembrare l’ennesima filiazione di doom dalle connotazioni occultistiche, sospesa in una dimensione indefinita, fuori dal tempo e con pochi appigli al mondo reale. Il passo è tendenzialmente compassato, reso sonnacchioso da tessiture di hammond dolcemente orrorifiche, oppure languidamente immaginifiche; la band gioca le sue carte sulla lunga distanza, facendo crescere un poco alla volta suggestioni ora gravi, ora quasi leggere, pur nell’ombrosità di fondo che le attanaglia. Gli spunti sopra la media sono quelli in cui un pesante alone gotico si va a posare sull’operato del gruppo, il pessimismo diventa più di un sospetto e un inquieto indulgere nella mestizia abbatte la forza vitale, consegnando l’anima al grigiore e alla pena. “Fire Wings” e “Mictlan” assecondano virili malinconie e attese per la comparsa del sovrannaturale, restando protese a mezz’aria fra doom ossianico, hard rock e liturgie scabrose. “Feathered Snake” si configura come una traccia inedita dei TON del periodo “October Rust”, risaltando in tutta la sua drammaticità grazie a punteggiature di tastiera non lontanissime da quelle della mitica “Red Water (Christmas Mourning)” e all’insistenza di Brito Lopez sui toni bassi. Le intemperanze organistiche che si delineano nel corso del brano, insieme a modulazioni più variopinte del singer, coprono di polvere magica la traccia, un esempio di dark metal d’alta gamma e di rara reperibilità fuori da “The Coming Of Mictlan”. “Drowned” potrebbe invece rappresentare la tipica ballata disgraziata da cantare attorno al fuoco, in un accampamento in mezzo a una foresta, persi nel nulla: l’amarezza che vi è contenuta esonda in più punti, facendoci arrivare dritto al cuore tutto lo scoramento e la disillusione trasmessa dalla voce affabulatoria del singer. Gli Albez Duz non temono di andarci giù ruvidi, unendo sacro e profano, con “Servants Of Light”: un attacco rockeggiante si apre successivamente a una marcia irregolare sempre più solenne, le keys poste a contorno sfiorano l’ecclesiastico e si fanno strada clean vocals catatoniche accostabili al mondo funeral doom. “Twist In My Sobriety”, cover della cantante pop/folk tedesca Tanita Tikaram, si prostra a tenebre seduttive, si fa accarezzare e tentare dalla caduta nella perdizione; il chorus è irresistibile, in questo caso vi sarebbe un potenziale commerciale altissimo, potendo contare su linee vocali ruffiane e note d’organo che pompano umori gothic rock a tutto spiano. Una produzione vintage ma robusta completa il quadro, dando il giusto sostegno a un lotto di episodi che vale davvero la pena scoprire se si vogliono provare, almeno in parte, le sopite emozioni gotiche anni ’90.