7.5
- Band: ALICE COOPER
- Durata: 00:50:48
- Disponibile dal: 18/01/2001
- Etichetta:
- Spitfire Records
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Dopo la pubblicazione di “Brutal Planet”, Alice Cooper si imbarca in un tour curato nei minimi dettagli, pieno di effetti speciali e trovate sceniche, atmosfere da horror fantascientifico ed ambientazioni urbane degradate. L’album è riuscito a convincere i fan, che sembrano apprezzare questa nuova versione ultrametallica del vecchio Alice. Non stupisce, dunque, la decisione di tornare in pista a stretto giro con un secondo album dalle medesime caratteristiche. Anzi, l’idea è ancora più ambiziosa, ovvero trasformare “Brutal Planet” nel primo capitolo di una trilogia, in modo da esplorare ancora più nel dettaglio il mondo oscuro svelato l’anno prima. Nasce così “Dragontown”, un lavoro dedicato alla capitale del ‘pianeta brutale’, una città dai tratti orientali, immersa nel vizio e nel peccato, in cui le uniche cose che contano sono sesso, morte e soldi. Ancora una volta troviamo Bob Marlette come autore dei brani assieme ad Alice e il fido Ryan Roxie alle chitarre; manca invece Bob Ezrin, che non viene coinvolto in un album dal sound già ben definito in partenza.
Da un punto di vista stilistico, infatti, “Dragontown” rappresenta nè più nè meno che la continuazione del discorso sonoro intrapreso con “Brutal Planet”. Vengono confermate le chitarre sature ed industriali, così come un approccio generalmente più interessato all’impatto ritmico che non a quello melodico. Al tempo stesso, però, “Dragontown” è un lavoro meno estremo, che lascia qualche concessione in più al ritornello accattivante e a linee più pulite e definite. Non mancano brani eccellenti, come “Fantasy Man”, il brano dal taglio più hard rock del lotto; “Sister Sara”, che ci riporta alle atmosfere di “Nurse Rozetta”, o “Disgraceland”, in cui Alice si diverte ad impersonare un Elvis distorto e maligno. Il vero brano simbolo, però, rimane “Sex, Death & Money”, un sunto perfetto delle sonorità e delle tematiche che hanno reso grande questo ritorno sulle scene di Alice Cooper.
In generale anche “Dragontown” trova spazio tra gli album convincenti del cantante, soprattutto alla luce di una carriera già trentennale, eppure non ce la sentiamo di metterlo sullo stesso piano del suo predecessore. Se “Brutal Planet”, infatti, è stato un colpo di scena da maestro, una sorpresa e una ventata di freschezza in una carriera già poliedrica, “Dragontown” gioca invece sul sicuro, finendo per subire un po’ la sorte dei sequel che cercano di emulare l’originale, mescolando un po’ le carte in tavola, ma tutto sommato riconfezionando una formula già utilizzata. Forse anche a causa di questo non abbiamo mai avuto la possibilità di vedere la conclusione della trilogia di “Brutal Planet”, sebbene alcune interpretazioni della discografia di Alice considerino “The Last Temptation” come il primo vero capitolo della trilogia, che si concluderebbe proprio con “Dragontown”. D’altra parte Alice Cooper è figlio di un’altra generazione, quella del rock sparato a tutto volume, cattivo sì, ma anche divertente, ironico e scanzonato. Dopo tanti anni arriva finalmente per lui il momento di tornare a casa, in un percorso di ritorno alle origini che, ancora oggi, non si è ancora concluso.