8.0
- Band: ALICE COOPER
- Durata: 00:39:08
- Disponibile dal: 17/11/1978
- Etichetta:
- Warner Bros
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Reduce da una difficile ma fruttuosa disintossicazione, Alice Cooper si appresta a registrare il suo nuovo album non senza qualche preoccupazione. L’ispirazione gli è arrivata proprio grazie al periodo passato in ospedale, osservando pazienti, raccogliendo storie e personaggi, e rileggendoli attraverso quel suo stile unico. Il cantante però è insicuro: questo sarebbe stato il suo primo album da sobrio dopo tanto, tanto tempo. Ad affiancarlo, però, c’è un’altra leggenda degli anni Settanta, Bernie Taupin, il paroliere che assieme ad Elton John ha dato vita ad una delle migliori collaborazioni artistiche mai esistite. Taupin ed Alice sono amici di lunga data, entrambi sono ex alcolisti, entrambi raccontano in maniera mirabile il mondo attraverso i loro testi ed il percorso di rinascita che hanno attraversato è una materia troppo importante per non fissarla su un disco. A firmare la parte musicale assieme ad Alice c’è ancora Dick Wagner, mentre l’esecuzione viene affidata ad una lunga lista di amici e session man, come Davey Johnston e Dee Murray dalla band di Elton John, Steve Lukather e Steve Porcaro dei Toto, il duo Flo & Eddie e tanti altri. In cabina di regia, invece, non c’è più Bob Ezrin, ma un altro produttore a cinque stelle, David Forster, che ammanta l’intero album di un suono limpido, patinato, quasi pop.
Il risultato di questa miscela inedita è un lavoro che, pur discostandosi dal sound più classico di Alice Cooper, rappresenta una delle gemme nascoste della discografia del vecchio Occhi Neri. Anzi, arriviamo a dire che se c’è un disco di Alice Cooper che meriterebbe una seconda giovinezza, quello è proprio “From The Inside”. Alice e Taupin raccolgono le vite spezzate, le storie criminali, le tragedie, le debolezze incontrate durante la degenza del cantante e le trasformano in canzoni e confessioni intime, senza mai scadere nello sdolcinato o nell’autoindulgenza. Quando serve, l’album sa graffiare (“I Wish I Was Born In Beverly Hills”, “Serious”), ma la sua vera forza sta proprio nella vitalità delle vicende umane che lo animano, da “Nurse Rozetta” a “Millie And Billie” o “Jackknife Johnny”. Taupin da parte sua supporta Alice senza far sembrare l’album un progetto parallelo di Elton John, lasciando all’ascoltatore giusto qualche rimando in un brano come “The Quiet Room”. Impossibile chiudere, infine, senza citare la delicata “How You Gonna See Mee Now”, una ballata in cui Alice si domanda come sua moglie Sheryl avrebbe accolto il suo uomo dopo aver passato praticamente ogni istante della loro relazione assieme ad uno sconosciuto sempre ubriaco. Tutti questi racconti, quindi, confluiscono nella conclusiva “Inmates (We’re All Crazy)”, con quella sua cantilena sinistra che ci riporta di botto indietro nel tempo, a Steven, alle pareti imbottite e alle camicie di forza che hanno abitato tanti incubi di Alice. Come spesso accade, però, non tutte le storie hanno un lieto fine e questa rinascita avrà per l’artista una vita molto breve: un nuovo inferno aspetta di divorare Alice e questa volta sarà ancora più difficile per lui uscirne vivo.