7.5
- Band: ALICE COOPER
- Durata: 01:07:22
- Disponibile dal: 28/07/2017
- Etichetta:
- earMusic
- Distributore: Edel
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La carriera di Alice Cooper nel nuovo millennio può considerarsi come una sorta di viaggio a ritroso nel tempo. Se l’accoppiata “Brutal Planet” / “Dragontown” vedeva il vecchio Alice esplorare mondi musicali più oscuri e moderni, con un’infatuazione per le chitarre sature e metalliche, “The Eyes Of Alice Cooper” e “Dirty Diamonds” ci presentavano invece un ritorno all’hard rock più grezzo, con un approccio a metà tra lo street degli anni ‘80 e il garage. Coerentemente, il percorso di riscoperta del suo passato ha avuto la sua chiara esplicitazione con “Welcome 2 My Nightmare”, una sorta di sequel-parodia del suo primo album solista che, senza far gridare al miracolo, mostra un Alice Cooper ancora in forma, ironico e pungente come sempre. Di conseguenza, cosa potremmo aspettarci dal nuovo “Paranormal”, che raggiunge i negozi dopo ben sei anni di silenzio discografico? Esatto, un graditissimo ritorno alle sonorità a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, a quel tempo in cui non c’era solo Alice Cooper ma, perdonate l’orribile dicitura, gli Alice Cooper. Certo, paragonare quest’album a capolavori senza tempo come “Love It To Death”, “Killer”, “School’s Out” o “Billion Dollar Babies” avrebbe poco senso al giorno d’oggi, eppure fa piacere vedere come Alice sia ancora oggi in grandissima forma e abbia confezionato un altro album di grande impatto, divertente, trascinante, con dei testi intelligenti ed ironici, e musicalmente molto vario. Ad aiutare il cantante troviamo il fido Bob Ezrin, produttore fondamentale nella storia di Alice e collaboratore perfetto per far emergere quel sound che lui stesso ha contribuito a creare; e un inaspettato Larry Mullen Jr. degli U2 a dare il suo tocco alla batteria in quasi tutti i brani. La qualità delle canzoni è molto elevata e, soprattutto, quello che convince è la capacità di Alice di maneggiare molte sfumature dell’universo Rock, partendo dal suo passato ed integrandolo con le grandi lezioni di artisti che hanno vissuto e sono diventati grandi negli stessi anni. Il brano di apertura, “Paranormal”, scritto assieme a Roger Glover dei Deep Purple, convince pienamente, grazie al suo equilibrio perfetto tra energia ed atmosfere sinistre. “Fireball” ha un taglio psichedelico, con la voce di Alice filtrata e un organo hammond in bella vista; “Paranoiac Personality” ricorda da vicino la vecchia “Go To Hell”; mentre “Fallen In Love” è un pezzo talmente ZZ Top che il cantante non ha potuto fare a meno di chiamare Billy Gibbons in persona a suonare un assolo di chitarra. L’ascolto del disco procede e a stupirci arriva “Holy Waters”, un brano dalle forti atmosfere à la New Orleans, con tanto di sezione di fiati; “Rats” ci ricorda una versione metallizzata di “Hang On To Yourself” di David Bowie”; mentre “The Sound Of A” sfodera addirittura delle atmosfere pinkfloydiane. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, ma il vero capolavoro arriva ad un passo dalla fine: gli ultimi due brani, infatti, vedono la presenza della vecchia Alice Cooper Band e se “You And All Of Your Friends” risulta un brano piacevole e divertente, “Genuine American Girl” è un pezzo da novanta, forse tra i migliori pubblicati da Alice Cooper dai tempi di “Hey Stoopid”, un potenziale singolo che, in un mondo ideale, dovrebbe essere in heavy rotation su qualunque radio. Ci sono gli estremi per parlare di un album capolavoro? No, probabilmente no, però una cosa è certa: qui c’è un artista che ha appena firmato il suo ventiseiesimo lavoro in studio, che è a un passo dallo spegnere settanta candeline e non ha alcuna intenzione di fermarsi, continuando anno dopo anno a portare avanti uno show che tutt’ora ha pochi rivali. Ditemi voi se questo non è già di per sé incredibile. Quasi paranormale… no?