7.0
- Band: ALICE COOPER
- Durata: 00:36:53
- Disponibile dal: 05/09/1987
- Etichetta:
- MCA Records
- Distributore: Universal
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Grazie a “Constrictor” e, soprattutto, al successivo tour, Alice Cooper riprende una prima boccata d’aria fresca dopo il periodo più buio della sua carriera e la MCA, soddisfatta di questo primo risultato, spinge per un secondo album. Assieme ad Alice troviamo ancora Kane Roberts alla chitarra e alla composizione delle musiche, Kip Winger al basso, con l’aggiunta del batterista Ken K. Mary e il tastierista Paul Horowitz. Un cambiamento importante, invece, avviene in cabina di regia: l’approccio patinato e tirato a lucido del produttore Beau Hill, infatti, non si sposa molto bene con la nuova immagine di Alice, fatta di film dell’orrore e chitarre a mitraglia. Al suo posto, quindi, viene arruolato Michael Wagener, ingegnere del suono e produttore dal tocco decisamente più pesante. Anche Kane Roberts, forse perché libero dalle pressioni di Hill, inizia a calcare maggiormente la mano, andando a creare quello che è da considerarsi come il primo vero album heavy metal di Alice Cooper. Alice, pur essendo senza dubbio una delle figure cardine di questo genere, non ha mai sentito di appartenergli e anzi, a dirla tutta, il cantante non ha mai avuto un solo stile di riferimento. Per lui la musica è un mezzo, uno strumento che gli permette di essere Alice Cooper, plasmando a suo piacimento stili ed influenze del tempo.
“Raise Your Fist And Yell” continua il percorso musicale intrapreso con “Constrictor”, appesantendo i suoni e dando ampio spazio alle scorribande chitarristiche di Kane Roberts. Il legame con il mondo del cinema horror viene ulteriormente rafforzato, ad esempio in “Prince Of Darkness”, che prende il titolo dall’omonimo film di Carpenter (in cui trova spazio anche un breve cameo del cantante), oppure in “Lock Me Up”, che vede ospite l’attore Robert Englund nei panni di Freddy Krueger. Tra i brani più interessanti, poi, citiamo senza dubbio “Freedom”, giustamente posta in apertura per dare slancio al nuovo album, ed anche “Roses On White Lace”, potente e oscuro racconto delle gesta di un assassino che paragona le chiazze di sangue sull’abito da sposa della sua vittima a delle rose rosse. Musicalmente l’album compie un passo avanti rispetto al suo predecessore, non tanto per quanto riguarda la qualità delle composizioni, che sono piacevoli ma quasi mai indimenticabili, quanto piuttosto a livello di sound. L’impatto è notevole e l’heavy metal anni Ottanta si sposa benissimo con l’immaginario di Alice. Mancano, invece, delle vere e proprie hit, canzoni capaci di lasciare il segno, diventando dei nuovi classici all’interno della discografia sterminata dell’artista di Detroit.
“Raise Your Fist And Yell”, dunque, non coglie esattamente lo spirito di Alice, nè tantomeno ne rappresenta una delle vette artistiche, ma riesce ad incastrarsi senza fatica nel suo percorso di rinascita, facendo da anello di congiunzione con quel “Trash” che rappresenterà l’ennesima svolta all’interno di una carriera mozzafiato. Perché se è vero che un ritorno sotto la luce dei riflettori era l’obiettivo primario del progetto iniziato con “Constrictor”, nessuno si sarebbe mai aspettato quello che sarebbe successo di lì a due anni.