7.0
- Band: ALIEN WEAPONRY
- Durata: 00:40:15
- Disponibile dal: 28/03/2025
- Etichetta:
- Napalm Records
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Col terzo disco in studio, sarebbe arrivato il tempo delle proverbiali consacrazioni per gli Alien Weaponry, terzetto neozelandese che ha impressionato critica e pubblico grazie alla giovane età, al suo metallo tribale e al manifesto intento di farsi portabandiera della cultura maori, anche attraverso l’uso della lingua te reo nei testi.
Se qualcuno avesse dubbi su quanto a cuore i musicisti prendano la propria missione, basta guardare il volto del bassista Tūranga Morgan-Edmonds, recentemente adornato dal moko, tatuaggio simbolo di appartenenza alla comunità (tema della seconda traccia “Mau Moko”); allo stesso modo, anche i testi di questo “Te Rā” si sforzano di essere impegnati e significativi, infarciti di riferimenti culturali, sociali e ambientali, con l’inclusione di strumenti di percussione tipici nel brano “Tama-nui-te-rā”.
La caratterizzazione resta ad altissimi livelli, dunque, mentre a livello musicale si notano gradite novità, con l’evoluzione dello stile vocale del cantante e batterista Henry de Jong, che si rende protagonista di una vera e propria svolta melodica, alternando con fluidità growl profondi, parti aggressive e numerose sezioni cantate che ricordano lo stile dei Trivium.
Brani come “1000 Friends” e “Te Kore” mostrano una capacità di trasmettere emozioni attraverso un mix di urla controllate e momenti di pausa drammatica, sottolineando un’inedita maturità espressiva. L’intensa “Taniwha” infine, insieme a Randy Blythe dei Lamb of God, spinge la band su registri più estremi e vicini al death metal. Le influenze maggiori restano Sepultura e Gojira, ma nei nuovi registri di “Te Rā” ci sono brani come “Hanging By A Thread” e “Myself To Blame” che nel loro sviluppo fanno venire in mente persino i Metallica.
Si è cercato concretamente di sfuggire ai riferimenti diretti, dunque, trovando altre ispirazioni e facendo affidamento al grande lavoro di produzione ad opera di Josh Wilburn (alla console di Megadeth e Lamb Of God); così, anche se verranno in mente soluzioni derivative, finalmente si può cancellare quel marchio di band clone di Sepultura e Soulfly più tribali, sicuramente il difetto maggiore dei primi capitoli marchiati AW.
Finalmente quindi un bel passo in avanti per i giovani kiwi, che, oltre a dimostrare una certa maturità compositiva, imboccano il sentiero verso un sound distintivo, cominciando ad incarnare realmente il ruolo di promessa futura che, fino ad oggi, si basava solo su fragili premesse.
