7.0
- Band: ALL 4 1
- Durata: 00:46:00
- Disponibile dal: 07/07/2017
- Etichetta:
- Frontiers
Spotify:
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Dietro a questa curiosa denominazione sociale si celano quattro autorevoli personalità che da tempo gravitano nella vasta orbita del rock melodico, le quali hanno deciso di unire le proprie forze per dar vita ad un esordio palesemente ancorato alla tradizione del genere, caratterizzato altresì da un ampio ventaglio di colori, suoni ed umori decisamente accattivanti. Il frontman Terry Brock (Strangeways, Giant, Slamer) ed il talentuoso bassista/cantante Robert Berry, quest’ultimo protagonista al microfono dell’unica meravigliosa testimonianza rilasciata dai 3 in compagnia di Keith Emerson e Carl Palmer nel lontano 1988, si scambiano continui convenevoli mediante un profluvio di melodie vocali sovente ispirate e cristalline. Nelle retrovie scoviamo invece il chitarrista Gary Pihl (Boston, Sammy Hagar) coadiuvato dal batterista Matt Starr, di recente assoldato da Ace Frehley e dai Mr.Big, entrambi abili nel fagocitare partiture strumentali di gran gusto e marcata espressività. In cabina di regia dirige i lavori il sempre più quotato produttore e musicista Alessandro Del Vecchio, il quale conferisce all’impasto sonoro una robusta veste moderna ad ampio respiro. Sembra proprio che in questa occasione non ci troviamo dinnanzi all’ennesimo progetto estemporaneo messo in piedi per colmare il tempo libero di ogni soggetto, ma ad una band vera e propria che ambisce con umiltà e passione a costruirsi una carriera di un certo rilievo. All’interno dello scrigno di “The World’s Best Hope” troviamo undici composizioni sufficientemente varie ed accattivanti, nelle quali i Nostri si divertono a coniare chorus appiccicosi come una gomma americana posti al di sopra di un frizzante tappeto melodic rock (“Cyanide”, “Show Me The Way”), avventurandosi altresì in audaci saliscendi emotivi che rievocano l’operato dei Magnum più solenni ed eleganti (“Down Life’s Page”, “The World’s Best Hope”). “Mother Don’t Cry” invece si presenta come una solenne power ballad caratterizzata da un toccante sentore drammatico, ma tale gradita parentesi viene spazzata via dalla solare grinta emanata dalla poliedrica ed incalzante “After The Rain” e dalla più ‘quadrata’ “Hero In Your Life”, che non avrebbe sfigurato affatto nel multiplatinato “OU812” dei Van Halen. La partenza è indubbiamente valida, ora non ci resta che attendere il prossimo passo di un gruppo che ha dimostrato di possedere tutte le carte in regola per smarcarsi dai rassicuranti standard, allo scopo di approdare ad un linguaggio egualmente convincente, ma più maturo e ricco di personalità.