5.0
- Band: ALL THAT REMAINS
- Durata: 00.50.17
- Disponibile dal: 28/04/2017
- Etichetta:
- Eleven Seven Music
- Distributore: Warner Bros
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L’exploit di Phil Labonte come ruota di scorta dei ben più noti Five Finger Death Punch è arrivato a fagiolo, proprio quando i suoi All That Remains erano pronti a pubblicare il disco più ruffiano della propria carriera. Dopo un passato rispettabile che li ha visti accompagnare i pilastri metalcore del Massachussets (Unearth, Shadows Fall, Killswitch Engage) arriva un disco di rottura: “Madness” è un album totalmente costruito sulle vocals, che si allontana in molte occasioni dal metalcore di matrice NWOAHM e che punta vergognosamente all’airplay radiofonico. Lo si capisce dalla produzione pop, che rimpicciolisce e sterilizza quanto di buono riesce a fare la band ed eleva il frontman a protagonista indiscusso. I brani stessi sono poi semplificati all’osso, resi immediati e conditi con un’inedita componente elettronica, presente praticamente in tutti i brani del disco. Oltre a questo, in più di un’occasione, la band compie il grande ed intrepido salto verso l’hard rock americano contemporaneo facendo il verso a Shinedown e Sixx A.M.: la titletrack, “Nothing I Can Do”, “If I’m Honest”, “Far From Home”, “Back To You”, oltre a stonare accanto a metalcore facilotto e alla versione castrata ed edulcorata dei Lamb Of God, sono totalmente spudorate, senza vergogna e senza precedenti. Raramente ascolterete uno sforzo compositivo tanto imponente e al contempo tanto piatto, freddo, innaturale fino all’irritabilità. Dopo 15 anni e all’ottavo album in studio è comprensibile la volontà di cambiare, ma chi si rivolgerà agli ATR per del rock radiofonico? Anche se fosse “Madness” resta un album confuso e disomogeneo, che non farà che far rimpiangere il passato propriamente metal della formazione di Springfield.