7.0
- Band: ALL THAT REMAINS
- Durata: 00:36:49
- Disponibile dal: 22/09/2008
- Etichetta: Prosthetic Records
- Distributore: Audioglobe
Sempre più melodia nel sound degli All That Remains. Non molto distante da “Ascendancy” dei Trivium, il quarto full-length della band statunitense tende infatti a mettere in disparte le parentesi groovy e i breakdown del precedente “The Fall Of Ideals” per esplorare le strade dell’heavy/thrash metal di un paio di decenni fa, cammuffandosi però comunque da album di “melodic metal-core” grazie a una produzione cristallina e moderna e alle linee vocali di Phil Labonte, che nonostante qui abbraccino il pulito come mai prima d’ora, continuano a presentare delle rilevanti parti in screaming. Insomma, cavalcate thrash con tantissima doppia cassa e fraseggi classic metal da un lato, ma dinamiche e una compattezza nei suoni che per certi versi ancora ammiccano a sonorità più moderne dall’altro. Come accennato, Labonte dà parecchio spazio alle clean vocals in questa occasione, permettendosi persino di cantare interi brani senza affidarsi allo screaming e cercando continuamente di trovare la melodia giusta per marchiare a fuoco il pezzo. A volte ci riesce – eccome – mentre in altre circostanze si ha la netta sensazione che un po’ più di cattiveria non avrebbe guastato: vedi il primo singolo “Chiron” e “Do Not Obey”, due pezzi alfieri di chorus troppo forzati o comunque non sui livelli delle hit del passato. Le cose vanno assai meglio quando i nostri danno l’impressione du pensare meno alla classifica di Billboard e vengono prima al sodo, come in “Forever In Your Hands”, “Days Without” e “Relinquish”, che offrono una miscela più saggia di tutti gli elementi tipici dello stile All That Remains su ritmiche e strutture più varie di quelle presenti su “The Fall Of Ideals”. Gradevole, infine, la cover di “Believe In Nothing” dei Nevermore: il frontman ovviamente non raggiunge lo spessore dell’interpretazione di Warrel Dane, ma fa piacere vedere un gruppo sulla cresta dell’onda – che negli USA oggi vende molto più di band come Trivium e Unearth – rendere omaggio a una formazione troppo spesso colpevolmente ignorata da quelle parti. In sintesi, i più critici diranno che “Overcome” sembra un rimpasto di CD ascoltati negli ultimi tre/quattro anni: cosa in parte senz’altro vera, ma ci sentiamo comunque di affermare che questa volta buona parte dei riff e delle melodie funzionano e che gli All That Remains, pur impegnandosi poco o niente nella ricerca di una forma musicale più approfondita, abbiano portato a termine il compitino con buoni risultati. Se siete dei fan, gettatevi a capofitto nell’ascolto.