7.0
- Band: ALL THAT REMAINS
- Durata: 00:39:06
- Disponibile dal: 09/11/2018
- Etichetta:
- Fearless Records
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Pur non avendo svolto un sondaggio con la Doxa, siamo ragionevolment certi che, in un’ipotetica classifica dei musicisti metal più insultati, Philip Labonte si posizionerebbe a ridosso del podio, alle spalle dell’irragiungibile Phil Anselmo e impegnato in un testa a testa col sempre più controverso Robb Flynn. Nel caso di Labonte, oltre a vedute non propriamente progressiste, ad alimentare l’astio del pubblico è anche l’oggettivo ‘sputtanamento’ artistico, che ha portato gli All That Remains dallo stato di promesse del metalcore (ai tempi di “The Fall Of Ideals”) al ruolo di aspiranti arena rockers con il penultimo “Madness”, criticato per l’eccesso di sperimentazione e valso a Labonte il poco onorifico titolo di Mr. Autotune. Come a volersi far perdonare, a poco più di un anno di distanza la band di Springfield torna con questo “Victim Of The New Disease”, pù crudo fin dalla copertina e purtroppo epitaffio artistico del chitarrista Oli Herbert, annegato in uno stagno in circostanze ancora da chiarire un mese prima dell’uscita dell’album. Musicalmente parlando, è evidente fin dall’opener “Fuck Love” la volontà dei Nostri di lasciarsi alle spalle gli stenti recenti per tornare a picchiare come una dozzina d’anni fa, e bisogna ammettere che, pur senza raggiungere i livelli di cattiveria della traccia di apertura (classico pezzo civetta senza clean vocals) e strizzando un po’ troppo l’orecchio ai KSE, canzoni come “Everything’s Wrong”, “Wasteland” “Misery In Me” o “Broken” hanno il tiro giusto per far felici i nostalgici del metalcore ’00. Prescidendo sulla genuinità delle intenzioni, non possiamo che prendere atto di come, al di là di tutto, la band del Massachusetts nel ventennale della sua formazione dimostri di avere ancora il tiro di una volta, eccezion fatta per un paio di episodi un po’ troppo melensi (l’ancora salvabile “Alone In The Darkness” e la stucchevolissima, complice la presenza di Danny Worsnop degli Asking Alexandra “Just Tell Me Something”). Per i capolavori, ora come allora, meglio guardare altrove, ma il nono album degli ATR segna finalmente un’inversione di tendenza, in attesa dei ritorni di Unearth, KSE e, sopratutto, As I Lay Dying.